Di Giovanni Raimondo
Santa Maria Capua Vetere (Capua Antica), ha reperti archeologici straordinari tra cui i principali monumenti sono: Anfiteatro Romano, Arco Felice ma si chiama anche Arco di Adriano, Conocchia e il Museo dei Gladiatori. Ma nelle viscere ha anche le domus (case) come quella che è la Bottega del Tintore. La Bottega del Tintore è situata in Corso Aldo Moro, scoperta durante lo scavo per costruire il nuovo palazzo. La Bottega del Tintore dopo 2.000 anni è rimasta perfettamente conservata. Questa abitazione apparteneva ad uno schiavo libero di nome Publio Cunfuleio Sabbione, appartenente alla gens Confuleia. La domus è composta da due piani realizzati in blocchi di tufo squadrati entrambi uguali per pianta e struttura architettonica. L’accesso a questi due piani che sono comunicanti tra di loro, è stabilito da una scala. Nel primo ambiente si trovano un pozzo circolare con accanto una vasca rettangolare( è stato ipotizzato che venisse usato come piano di lavoro per la lavorazione dei mantelli), dei mosaici disegnati sul pavimento e pareti che richiamano il primo stile pompeiano. Per accedere al secondo piano, visto che sono due piani comunicanti tra di loro, bisogna varcare la porta. Mentre state varcando la porta, sotto ai vostri piedi c’è un iscrizione di notevole importanza che recita così:
“RECTE OMNIA
VELIM SINT NOBIS”
che in italiano significa:
“Vorrei che tutte le
cose ci andassero bene”
Varcata la porta ne troverete davanti ai vostri occhi un’altra iscrizione pavimentale che ci rileva tante informazioni. L’iscrizione pavimentale recita così:
“P. CONFVLEIUS, P. M. L. SABBIO, SAGURIUS,
DOMUN HANC AB SOLO USQUE AD SUMMUN
FECIT ARCITECTO T. SAFINO T. F. FAL. POLLIONE”
“Publio Confuleio Sabbione, liberto di Publio Marco, sagario,
fece fare questa casa dal suolo fino alla sommità
essendo architetto Tito Safinio Pollione, figlio di Tito della Tribù Falerna”
Come detto in precedenza questa iscrizione ci dà importantissime informazioni. La prima informazione che ci dà è riferita al lavoro che esercitava che è il sagario, cioè venditore di mantelli di lana pesante e forse anche fabbricatore, destinati all’esercito romano, poi come seconda informazione che ci dà è che è lui il proprietario di questa domus, fatta costruire dall’architetto Tito Safinio, cittadino romano, appartenente alla Tribù Falerna. Come ultima informazione che l’iscrizione ci fa rilevare è la datazione della dimora, datata I secolo d.C., datazione suggerita dai mosaici disegnati sui pavimenti. Per visitare tale gioiello, purtroppo bisogna avere il permesso della Soprintendenza.
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