Di Giovanni Raimondo
La Pasqua Cristiana è una festa religiosa antica che ha origine nell’omonima ricorrenza ebraica. Per capire come è nata la Pasqua Cristiana, è necessario fare un breve riferimento a quella Ebraica. La parola “Pasqua” deriva dal latino “Pascha” ed è una festa che commemora la liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù d’Egitto da parte di Mosè, su ordine di Dio, il quale mandò il patriarca biblico dal Faraone per chiedere la liberazione del popolo ebraico. Il rifiuto dal Faraone causò l’ira di Dio che colpì l’Egitto con le celebri dieci piaghe, cioè dieci grandi calamità contro il popolo egiziano, descritte nel libro Esodo. Sempre nell’Esodo si legge di come Dio chiede al popolo ebraico di seguire alcuni riti, tra cui: l’immolazione dell’agnello e il pane azzimo. Inoltre la parola Pasqua significa anche passaggio, passare oltre. Il prosieguo della liberazione degli ebrei dalla schiavitù che ha dato origine alla Pasqua Ebraica, che a sua volta è l’origine di quella Cristiana, è ancora raccontata nell‘Esodo. La Pasqua Cristiana diversamente da quella ebraica, celebra la resurrezione di Cristo che ha vinto sulla morte, salvandoci dagli inferi e dandoci nuova vita e nuova speranza. Sant’Agostino diceva:
“La risurrezione del Signore è la nostra speranza”
Con questa affermazione spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto per noi, pure se siamo destinati alla morte, poichè lui è il seme della speranza, colui che ci dà la vita eterna. Nella nostra vita una delle domande più frequenti è: Che cosa c’è dopo la morte? La risposta fornita dalla dottrina cristiana è che la morte è solo un passaggio verso la vita eterna e questa certezza fonda su un paradigma di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso; è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio è il cuore del messaggio evangelico. La passione, la morte e risurrezione è ampiamente narrata e testimoniata nei Vangeli. Analizzeremo il Vangelo di Matteo (gli altri due, quelli di Marco e Luca siccome sono sinottici, dicono quasi tutti la stessa cosa, riportando in alcuni casi, alcune singole informazioni come per esempio il processo davanti ad Erode(23,8-12) presente solo in Luca). Ovviamente, essendo lungo, non riporterò tutto il testo, ma lo suddividerò in 8 parti seguite da un commento. La suddivisione è questa:
1) Il tradimento di Giuda(26,14-16)
2) Preparativi per la cena pasquale( 26,17-19)
3) Gesù celebra la Pasqua(26,26-29)
4) Gesù davanti al tribunale ebraico(26,47-56)
5) Lo consegnò perchè fosse crocifisso (27,15-26)
6) Agonia e Morte di Gesù (27,45-55)
7) Il sepolcro vuoto (28,1-10)
8) Missione universale dei discepoli (28,16-20)
Dopo la congiura dei capi contro Gesù( Matteo 26,1-5), Giuda lo vendette:
” Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.( Matteo 26,14-16)
Il prezzo concordato era un prezzo pagato per la perdita dello schiavo come riferito in Esodo 21,32
Preparativi per la cena pasquale. “Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: «Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli»». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.( Matteo 26,17-19)
Gesù ordina a due discepoli, Giovanni e Pietro (Luca 22,7-13), di andare a preparare la cena per la Pasqua. Con questa cena, Gesù vuole sancire la nuova alleanza: l’eucarestia dà compimento alla Pasqua Ebraica ed è anticipo e preparazione del banchetto escatologico.
Gesù celebra la Pasqua. Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».( Matteo 26,26-29)
Gesù celebra la Pasqua e istituisce l’eucarestia. Secondo la dottrina della chiesa il sangue della vittima unica e perfetta sancisce la nuova e definitiva alleanza di Dio con l’uomo come annunciato dai profeti ( Ger 31,31; Eb 9,11-22). Infine la frase ” che è versato per molti per il perdono dei peccati ” indica la moltitudine dell’umanità salvata da Gesù. La nota Matteo 20,28 è illuminante.
Gesù dopo la cena si recò nel Getsemani (frantoio dell’olio, era un fondo rustico ai piedi del monte degli Ulivi) dove pregò intensamente il Padre, nella sua umanità provò ” tristezza e angoscia” poichè l’ora stava giungendo e da lì a poco sarebbe stato arrestato per essere condannato a morte. Supplica il Padre di allontanare il calice da lui, aggiungendo però infine che comunque sia fatta sempre la sua volontà (del Padre) (Matteo 26,39). Mentre parlava, venne Giuda con i soldati e lo fece arrestare. Lo portarono al sinedrio dal sommo sacerdote Caifa per giudicarlo. Ovviamente si riunirono i capi dei sacerdoti, gli anziani del popolo, gli scribi e i farisei nel tentativo di trovare una falsa testimonianza per metterlo a morte, ma come dice il testo non ci riuscirono. Quando se ne presentarono due, lo accusarono di aver detto la frase “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni” e il sommo sacerdote gli disse: “Non ha nulla da dire??”. Gesù taceva. Ma perchè taceva?? Perchè i due che lo accusavano non avevano capito che quella frase aveva un significo ben preciso cioè riguardava la sua vicenda personale non quella del tempio vero e proprio (2,19-21). Il sommo sacerdote esasperato, lo scongiurò di dirgli se era il Figlio di Dio, e Gesù replico come il testo riporta, attribuendosi a sè due testi: Salm 110,1; Dn 7,13. Per il sommo sacerdote questa fu una bestemmia e quindi insieme agli altri lo condannarono a morte. Per poter vedersi accolta la loro sentenza di morte, dovevano rivolgersi all’autorità romana che era l’unica a poter firmare tale atto, ma per farlo, il motivo religioso doveva essere trasformato in politico.
Gesù davanti al tribunale ebraico. Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: «Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni»». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù -; anzi io vi dico:
d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire sulle nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».( Matteo 26,57-68)
Pilato e la condanna alla crocifissione. A ogni festa, il governatore romano della Giudea era solito rimettere in libertà un carcerato a scelta della popolazione. In quel momento nelle carceri era presente un personaggio piuttosto noto di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. (Matteo 27,15-26)
L’usanza di rimettere in libertà un carcerato in occasione di determinate ricorrenze sacre è confermata da Livio( 25 a.C.) nel suo Storia di Roma 5,13,8, da Flavio Giuseppe in Antichità Giudaiche 17,204, nonché dalle testimonianze di Plinio sotto il governo di Traiano( 110 d.C.). I Vangeli affermano che mentre Pilato sedeva in tribunale, sua moglie ebbe un brutto presagio: “Fu turbata nel sonno per causa sua!”.
La tradizione tramanda che Pilato cercò di liberare Gesù ritenendolo essendo innocente, ma la popolazione non cambiò idea. A fronte di ciò il governatore compì il celebre gesto di lavarsi le mani, cioè scaricò sulla folla l’intera responsabilità morale e materiale della scelta tra lasciar vivere o crocifiggere Gesù.
Agonia e morte di Gesù. A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia».E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono.Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo.( Matteo 27,45-56)
Dopo la crocifissione. Storicamente la croce era la pena capitale che Roma riservava a coloro che non erano cives e si erano macchiati di gravi reati contro la res publica (es. anche Spartaco e i suoi seguaci furono crocifissi). Si trattava di un supplizio era nato in Oriente, era già praticato dai Persiani (come narrato da Erodoto 1,18,2;3,125,3), dagli Assiri, dai Traci, nonché dai Cartaginesi e fu da questi ultimi che i romani appresero il metodo durante le guerre puniche. La forza visiva del supplizio aveva lo scopo primario di spaventare gli osservatori così da dissuaderli da intenti ribelli. Anche le autorità giudaiche praticarono la crocifissione prima del periodo romano; il caso più famoso fu quello di Alessandro Ianneo ( in carica dal 102 al 176 a.C.) che fece crocifiggere in un’unica occasione un gran numero di farisei che si erano opposti a lui e avevano stretto alleanza con un nemico straniero, i crocifissi furono circa 800 ( guerra giudaica 1, 97/98; Antichità giudaiche 13, 380). In un testo oratorio, Cicerone senza esagerare, chiama la croce ” il supplizio più crudele e atroce” ,” il massimo e vertice delle pene inflitte ad un condannato a morte” ( Cicerone, in verrem 2,5). Con la presenza militare di Roma si intensificano le esecuzioni capitali mediante la croce nella provincia della Giudea, fino a raggiungere il l’apice nell’ultimo periodo della guerra antiromana del 66 – 70 d.C. I romani per consuetudine, collocavano le croci lungo le strade più battute, in cima alle colline e alle porte delle città così da rendere il tutto ben visibile (sempre Spartaco e i suoi furono crocifissi lungo la via da Roma a Capua). Il condannato abitualmente portava la croce, o patibulum ( Plauto, carbonaria 2 ; Plutarco, Moralia 554 A-B), a volte recando al collo un titulus attestante il suo nome e la punizione; il titulus successivamente veniva affisso sulla parte superiore della croce ( Svetonio, Caligola 32, 2; Dione Cassio 54, 3, 6-7). Normalmente le vittime della crocifissione venivano lasciate morire, indipendentemente da quanto tempo questo richiedesse (anche giorni); il protocollo tipico richiedeva che le guardie stazionassero nei pressi della croce fino alla morte della vittima, in parte per via dell’eventualità che amici o parenti potessero tentare un salvataggio. Era anche consuetudine che i corpi dei crocifissi fossero lasciati insepolti a marcire sulla croce venendo dilaniati da uccelli e altri animali. Per quanto riguarda la crocifissione di Gesu’ , questa è attestata più volte da un buon numero di fonti antiche, sia cristiane che non cristiane. Giuseppe Flavio ha riportato l’evento nella sua versione originale delle Antichità Giudaiche nel cd. Testimonium Flavianum, mentre Tacito, Luciano e Mara bar Serapion sono tutti certamente a conoscenza della crocifissione del Nazareno (Luciano in particolare specifica che la crocifissione di Gesù avvenne in Palestina). Tutti e quattro i Vangeli canonici riportano la morte di Gesù per crocifissione come fanno molti altri libri e lettere del Nuovo Testamento che si riferiscono regolarmente a quest’evento; inoltre la morte e / o la crocifissione di Gesù sono abbondantemente menzionate nella letteratura non canonica. Il momento culminante della narrazione, carico di patos tragico, si ha nel momento in cui Gesù agonizzante, alle tre del pomeriggio, esclama “Dio mio, Dio, perchè mi hai abbandonato??”. Questa è una citazionale iniziale del Sal 22,2, sembra trattarsi di un’esclamazione di disperazione, ma invece è una supplica. I vangeli narrano che al momento della morte di Gesù il tempio di Salomone si squarci in due, mettendo fine all’antica economica religiosa:vedi Eb 10,20. Gli altri segni qui riportati dicono che la via della croce è la via della resurrezione.
Il sepolcro vuoto. Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».(Matteo 28,1-10)
Qua ci sono due elementi da chiarire:
1) Il primo giorno della settimana: Era quello che seguiva al sabato. Dai cristiani venne chiamato “Giorno del Signore” cioè Domenica( vedi At 20,7)
2) Gesù, il crocifisso…. è risorto: la resurrezione mostra che Gesù condannato alla croce, non è stato maledetto da Dio (Dt 21,23) ma da Dio è stato glorificato davanti a tutti.
Missione universale dei discepoli. Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».(Matteo 28,11-20)
Questo ultimo racconto che chiude il Vangelo di Matteo, ci dice che Cristo ordinò ai suoi discepoli di andare a predicare la Parola di Dio nel mondo, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
La Pasqua Cristiana dura 7 giorni e viene preceduta preceduta dalla Domenica delle Palme e dalla Quaresima, quest’ultima è una ricorrenza di penitenza che dura 40 giorni. La Pasqua Cristiana è la Settimana Santa in cui Gesù trascorre gli ultimi giorni della sua vita prima di essere crocifisso ed è suddivisa in ordine cronologico:
Dal lunedì al mercoledì, la liturgia è dedicata alla Riconciliazione; il giovedì si apre con la Messa del Santo Crisma, nella quale sono benedetti i tre Oli Santi usati nella somministrazione dei Sacramenti e si conclude con la Messa della Cena del Signore, ricordando l’Ultima Cena di Gesù, l’istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio ministeriale, ripetendo il gesto simbolico della lavanda di piedi. Il Venerdì Santo è dedicato alla contemplazione con lo svolgimento della Via Crucis, che ripercorre l’ultimo giorno di vita di Gesù. Il Sabato Santo è dedicato alla riflessione e alla preghiera e si conclude con l’accensione del Cero e la Veglia Pasquale, composta da 4 momenti: la Liturgia della Luce, la Liturgia della Parola, la Liturgia Battesimale e la Liturgia Eucaristica. La Domenica è la Festa della Resurrezione di Gesù all’interno della Chiesa e delle famiglie cristiane. Bisogna ricordare che la Pasqua Cristiana è una ricorrenza stabilita dal Concilio di Nicea del 325 d.C. dal 27 marzo al 25 aprile, periodo che inaugura l’equinozio di primavera. La Pasqua ovviamente come quella Ebraica ha dei simboli che sono: il cero, l’acqua e il fuoco. Vi spiego i tre significati di questi tre simboli.
Il cero
Il cero pasquale è il simbolo di Cristo, vera luce che illumina ogni uomo. La sua accensione rappresenta la resurrezione di Cristo, la nuova vita che ogni fedele riceve da Cristo e che, strappandolo alle tenebre, lo porta nel regno della luce assieme agli angeli. Dopo l’accensione del cero con il fuoco nuovo, una processione lo accompagna all’interno della Chiesa. Questa processione di fedeli simboleggia il nuovo popolo di Dio, che segue Cristo risorto, luce del mondo.
L’acqua
È l’elemento che purifica ed il mezzo attraverso il quale si compie il Battesimo. La notte di Pasqua è la notte battesimale per eccellenza, il momento in cui il fedele viene incorporato alla Pasqua di Cristo, che rappresenta il passaggio dalla morte alla vita. Nelle altre domeniche in cui si compie questo sacramento, è come se si prolungasse e rinnovasse settimanalmente la domenica per eccellenza, la Festa di Pasqua.
Il Fuoco
Simbolo fondamentale nella liturgia cristiana, il fuoco è la somma espressione del trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo e della vita sulla morte. Durante la ricorrenza pasquale, questo simbolo raggiunge la massima celebrazione attraverso il rito del fuoco nuovo e dell’accensione del cero. Nella notte di Pasqua, un fuoco viene acceso fuori dalla chiesa, intorno ad esso si raccolgono i fedeli e proprio da questo fuoco viene acceso il cero pasquale.
Vi lascio con il discorso fatto da Papa Francesco sulla Pasqua.
Buona Pasqua a tutti!!!
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