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La storia di Ipazia, la distruzione della Biblioteca di Alessandria e l’Inquisizione

Di Giovanni Raimondo

Dei  tre argomenti che tratterò, sono quello di Ipazia lo illustrerò nel dettaglio, degli altri due redigerò una breve sintesi, di cui l’ultimo consiglierò a voi lettori alcuni libri di storici, per approfondire l’argomento.

Ipazia nacque tra il 355 e il 370 d.C., ad  Alessandria d’Egitto, figlia di Teone, filosofo e geometra. Di Ipazia sappiamo ben poco della sua vita se non fosse per le due fonti primarie che ci permettono di  redigere la vita di Ipazia e sono: lo storico della Chiesa, Socrate Scolastico, Filistorgio scrittore cristiano appartenente all’Arianesimo e Sinesio di Cirene, convertito al Cristianesimo, vescovo di Tolomeide. Nel 393 d.C. Sinesio di Cirene, dopo essere stato in Grecia a studiare con il fratello Evozio, decide di approdare ad Alessandra d’Egitto per diventare un neoplatonico, sotto la guida di Ipazia che è matematica, astronoma e geometra oltre che filosofa neoplatonica( la corrente neoplatonica è la base dello sviluppo della filosofia cristiana), elogiando le sue qualità: “Che meraviglioso argomento di poema il nostro comune viaggio! Ci ha permesso di constatare ciò di cui la sola fama non basta a convincerci: noi abbiamo visto, noi abbiamo udito colei che è  vera iniziatrice ai misteri e alle orge filosofiche”(Lettere 136-7-8 a Erculiano). C’era una sincera ammirazione nei confronti di Ipazia, che lo ha portare a nutrire affetto nei sui confronti e  l’Epistole 81 ce lo testimonia: “Credimi, io ti considero insieme alla virtù, l’unico bene che nessuno mi può togliere”. Inoltre Sinesio ci informa che Ipazia divenne capo della scuola alessandrina almeno dal 393 d.C. nell’Epistola 137: “Se Omero disse che i viaggi di Odisseo presentavano il vantaggio di fargli vedere molte città e conoscere l’indole di molti esseri umani, e ciò nonostante egli approdasse non presso genti evolute, ma presso i Lestrigoni e i Ciclopi, tanto più, certamente, la poesia avrebbe celebrato il nostro viaggio che ha permesso a me e a te di fare esperienza di cose che, al sentirle raccontare, sembravano incredibili. Abbiamo potuto vedere con i nostri occhi e ascoltare con le nostre orecchie la donna che a buon diritto presiede ai misteri della filosofia”. Gli insegnamenti di Ipazia, lo portano a convertirsi al Cristianesimo, diventando su proposta della popolazione, vescovo di Tolomeide, per aver difeso la città di fronte dagli abusi fiscali dell’impero. Anche Socrate Scolastico, conferma quando dice Sinesio aggiungendo alcuni particolari: “Ad Alessandria viveva una donna di nome Ipazia; era figlia del filosofo alessandrino Teone. Aveva raggiunto tanta cultura ed educazione (vertice di sapienza) da oltrepassare di gran lunga tutti i pensatori del suo tempo; subentrò nella scuola platonica, ripristinata da Plotino, insegnando a chi lo voleva tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo affluivano da lei da ogni parte tutti coloro che aspiravano a ragionare in modo filosofico. Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale (, Storia Ecclesiastica VII, 15). Socrate non solo conferma Sinesio ma ci dà alcuni particolari estremamente importanti che ci fanno capire come fosse veramente amata questa sapiente. Anche Filostorgio concorda con Sinesio e Socrate Scolastico. Ipazia divenne un problema quando iniziò ad assumere una posizione politica. Infatti nel 412 d.C., venne nominato  Cirillo, successore del vescovo Teofilo, il quale aveva convinto l’Imperatore Teodosio ad emanare l’editto di Tessalonica in cui si proibivano i culti pagani. Il vescovo Cirillo iniziò ad emanare provvedimenti contro gli eretici Novazioni, chiudendo tutte le loro chiese e spogliando il vescovo di tutti i suoi beni. Il motivo che lo spinse ad emanare questo provvedimento non lo sappiamo. Gli Ebrei, essendo disturbati dal sostenitore di Cirillo, Gerace, lo denunciarono al prefetto Oreste, il quale lo fece arrestare, interrogare e torturare. Cirillo convocò i capi dei Giudei nel tentativo di farli desistere da commettere altri crimini, ma fallì. Gli Ebrei ordinarono altri macchinazione contro i Cristiani , diffondendo la notizia che una chiesa stava bruciando. I Cristiani arrivarono nella suddetta chiesa, vennero assaltati e ammazzati mentre tentavano di spegnere il fuoco. Questo ennesimo attacco, portò Cirillo ad emanare provvedimenti contro gli Ebrei. Sottrasse le sinagoghe, espulse gli ebrei dalla città e permise al popolo di saccheggiare i loro beni. Oreste si indignò parecchio come racconta Socrate Scolastico: “Oreste, prefetto di Alessandria, s’indignò molto per l’accaduto e provò un gran dolore perché una città tanto importante era stata completamente svuotata di esseri umani”(Historia Ecclesiastica VII, 13). Il prefetto non potè prendere provvedimenti solo perchè la costituzione del 4 febbraio del 384 sanciva che  il clero era assoggetto solo al foro ecclesiastico. Oreste, prefetto cristiano ed amico di Ipazia, venne aggredito dai parabolani, soldati al servizio di Cirillo come testimonia Socrate Scolastico: “Usciti in numero di circa cinquecento dai monasteri e raggiunta la città, si appostarono per sorprendere il prefetto mentre passava sul carro. Accostatisi a lui, lo chiamavano sacrificatore ed elleno, e gli gridavano contro molti altri insulti. Egli allora, sospettando un’insidia da parte di Cirillo, proclamò di essere cristiano e di essere stato battezzato dal vescovo Attico. Ma i monaci non badavano a ciò che veniva detto e uno di loro, di nome Ammonio, colpì Oreste sulla testa con una pietra”.(Historia Ecclesiastica, VII, 14). Ma Ammonio fu “arrestato” dalla popolazione e portato dal prefetto Oreste, che lo torturò fino ad ammazzarlo. Cirillo per difendere il suo discepolo, fornì all’imperatore un’altra versione e si mise all’opera per far si  che questo misfatto cadesse nel dimenticatoio. E in questo contesto che Ipazia ebbe un ruolo che al vescovo dava enormemente fastidio: quello politico. Cirillo voleva che la Chiesa primeggiasse sullo Stato ed Ipazia era un ostacolo essendo punto di riferimento per il prefetto che rappresentava lo Stato, quindi si maturò l’idea di ammazzarla. Ipazia venne ammazzata bruscamente per questo motivo e Socrate Scolastico ci racconta la sua fine tragica: “Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. S’incontrava alquanto di frequente con Oreste, l’invidia mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo. Un gruppo di cristiani dall’animo surriscaldato, guidati da un predicatore di nome Pietro, si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli. Questo procurò non poco biasimo a Cirillo e alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi, lotte e azioni simili a queste sono del tutto estranee a coloro che meditano le parole di Cristo”(Historia Scolastica, V, 15). Un’altra fonte seppur poco attendibile poichè di 100 anni dopo la morte di Ipazia, è quella di Damascio che racconta la fine di Ipazia  attraverso il ricordo degli alessandrini che ancora la veneravano. Definì l’omicidio di Ipazia, la cosa più empia e accusò il vescovo Cirillo di tale misfatto. Ovviamente  siccome Damascio è poco attendibile, non abbiamo prove che fu davvero Cirillo ad ordinare l’omicidio. Ad Alessandria si erano formati anche cristiani come il filosofo Origene per esempio.

Biblioteca di Alessandria

Sulla Biblioteca di Alessandria la questione è controversa poichè le uniche cose certe sono il rogo bellico di Cesare che si stima causò la perdita del 10% dei rotoli  e quello musulmano, bruciata perchè non teneva una copia del Corano. Per quanto riguarda quella cristiana,è una pista ma le le fonti su questo sono in disaccordo.

L’Inquisizione

L’Inquisizione nacque nel Medioevo, per combattere le eresie. L’Inquisizione  era un tribunale in cui la Chiesa poteva processare l’imputato  facendo indagini. Il termine “inquisizione” deriva dal termine” “inquirere” cioè “indagare”. Era un sistema garante, in cui l’imputato aveva la possibilità di difendersi avendo un avvocato che lo difendeva. La Chiesa non poteva assolutamente mettere a morte un condannato, poichè secondo le leggi dello Stato, la sentenza doveva passare in mano al governo che aveva la libertà di decidere se mettere in atto la sentenza emessa dalla Chiesa o rigettarla o continuare ad indagare. Per approfondire l’argomento  che è molto complesso, vi consiglio almeno per iniziare due libri:

1) Storia dell’Inquisizione in Italia. Tribunali, eretici, censura

2) Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari

2 Responses
  • daniele FRIDOSI
    30 Gennaio 2018

    Articolo interessante anche se scarno.

  • Guido Cacciari
    3 Giugno 2021

    La storia del rogo ai tempi di Cesare, se accaduto, riguardò solo una parte di un magazzino presso il porto.
    Per “Biblioteca di Alessandria” si intende infatti diversi edifici (la Biblioteca maggiore, quella minore e diversio magazzini dislocati in posti differenti) ma anche l’attività di studiosi e copisti attorno ad essa.
    L’attività è la prova che testimonia la sua esistenza fino al 642 dc, fino ciè alle vera distruzione, sia del materiale che dell’attività ad esso collegata, ad opera del Califfo Omar.
    Sull’esempio dei cristiani del IV secolo, i musulmani tentarono durante la loro conquista la distruzione di tutta la cultura diversa da quella coranica. Solo nel IX secolo ricominciarono a produrre gli eredi siriaci della cultura ellenistica, con opere di traduzione dei testi superstiti, scientifici e filosofici, in arabo, e ad affermarsi quindi come intellettuali anche in alcune parti del mondo arabo, prevalentementi in Siria ed in Spagna. Ma a volte, quegli stessi intellettuali “traduttori” che ora chiamiamo “arabi” ma che arabi non erano, finirono in disgrazia.
    Questo continuo tentativo di riabilitare la dominazione araba è uno dei fenomeni più stupefacenti della cultura moderna.

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