Dopo aver raccontato della crociata che conquistò Costantinopoli e della seconda crociata, è giunto il momento di ripercorrere gli eventi di quella che, forse ancor più della prima, è diventata per antonomasia LA crociata e sto parlando ovviamente della Terza. Conosciuta anche come la crociata dei re, ciò in ragione dei pezzi da novanta del panorama europeo che vi parteciparono (Federico Barbarossa, Filippo Augusto e Riccardo Cuor di Leone), questa definizione è in realtà fuorviante in quanto abbiamo visto che già la seconda spedizione in Terra Santa vide la partecipazione di due teste coronate di tutto rispetto: Luigi VII di Francia e l’Imperatore Corrado III di Germania. Dopo il fallimento del loro attacco a Damasco i latini in Terra Santa erano progressivamente passati sulla difensiva soprattutto dopo che, nel 1173, al signore turco della Siria Nur al-Din successe uno dei suoi più valenti ufficiali: il curdo Salah al-Din Yusuf al-Ayyubi meglio conosciuto con il suo nome occidentalizzato Saladino. Questi riuscì in breve tempo ad riunire sotto il suo dominio la Siria e l’Egitto, dando inizio alla dinastia degli Ayyubbidi che avrebbe regnato sino al 1260, creando altresì una situazione nuova e altamente pericolosa per gli stati crociati. Fino ad allora infatti in Terra Santa i cristiani si erano trovati a fronteggiare un mondo islamico politicamente diviso e ciò li aveva non poco favoriti sia all’atto di conquistare Gerusalemme sia poi al fine di solidificare la loro posizione; adesso però di fronte a loro c’era un soggetto politico-militare unitario guidato da un personaggio carismatico e dalle grandi capacità. Dato il valore non solo religioso, ma anche politico, che la riconquista di Gerusalemme all’islam rappresentava per Saladino; prudenza avrebbe voluto che si cercasse una politica conciliante con il potente vicino al fine di non fornirgli un possibile casus belli. Dopotutto, e lo abbiamo già visto nell’articolo dedicato alla seconda crociata, che cristiani e mussulmani negoziassero, commerciassero e a volte si alleassero anche tra loro (sia contro altri latini che contro altri mussulmani) non era cosa rara e in particolare il Regno di Gerusalemme aveva una lunga tradizione di rapporti di buon vicinato con Damasco, anche dopo l’assedio del 1149. In effetti durante gli anni di regno di Baldovino IV, il famoso re lebbroso, era stata posta in essere un’accorta strategia fatta di contenimento militare del Saladino e ricerca dell’intesa con i vari potentati arabi dell’area che mal digerivano il dominio da parte di un parvenu curdo. Grazia a questa strategia Saladino non era riuscito a intaccare la forza del Regno di Gerusalemme che pareva in grado di riuscire a contenere l’onda lunga della controffensiva; purtroppo nel 1185 Baldovino IV morì e il games of throne (non sto scherzando le vicende interne dei regni crociati non avevano nulla da invidiare alla serie televisiva) vide ascendere al trono di Gerusalemme Guido di Lusignano marito di Sibilla, sorella di Baldovino. Il nuovo reggente al trono si legò al partito del confronto muscolare, chiudendo ad esempio un occhio sulle scorrerie di Raimondo di Chatillon, e ciò fornì il destro a Saldino per mettere in movimento un gigantesco esercito tra i venti e i trentamila uomini . Ai corni di Hattin, il 4 Luglio 1187, si ebbe una delle più famose battaglie del Medioevo conclusasi con il completo annientamento dell’esercito di Gerusalemme; la reliquia della Sacra croce finì nelle mani di Saladino mentre lo stesso Guido di Lusignano e altri potentati del regno caddero prigionieri. Presi Acri, Giaffa e Beirut Saladino puntò su Gerusalemme, ma l’assedio non fu facile perché le difese della città erano potenti ed egregiamente dirette da Baliano d’Ibelin. Mostrando il suo pragmatismo il Sultano d’Egitto e Siria trattò la resa onorevole della città in cambio della garanzia sulle vite dei cristiani e condizioni molto generoso per la loro evacuazione. Così il 2 Ottobre 1187 terminò il dominio latino su Gerusalemme durato ottantotto anni. La notizia della catastrofe giunse in Europa per mezzo dei mercanti genovesi e la leggenda vuole che papa Urbano III ne morì di dolore; in un conclave lampo venne eletto al soglio di Pietro Gregorio VII che, come suo primo atto, bandì una nuova crociata con la bolla Audita tremendi. In realtà come scrive Jonathan Riley-Smith è altamente probabile che la bolla fosse stata scritta dallo stesso Urbano III prima di morire e lanciava una dura accusa contro tutta la cristianità i cui peccati avevano causato la sconfitta. Dopo aver richiesto ai fedeli atti di penitenza e ricordato la transitorietà della vita terrena rispetto a quella ultraterrena, giungeva l’esortazione a “accettare con un atto di gratitudine l’occasione di pentirsi e operare il bene” partendo in aiuto dell’Oriente latino “in conformità al valore di Dio che insegnò, mostrandolo con i suoi atti, che si deve dare la vita per i propri fratelli”. Seguiva poi il canonico elenco dei privilegi che sarebbero stati riconosciuti a chi avrebbe preso la croce come la protezione ecclesiastica dei loro beni nonché la remissione dei peccati. Sempre lo storico inglese fa osservare come la Audita tremendi segni un ulteriore passo avanti teologico-culturale dell’idea di crociata in quanto la partecipazione e il successo non avevano più una valenza solo individuale in prospettiva del giorno del giudizio, ma la vittoria era direttamente legata alla salute spirituale della cristianità. Solo un’Europa spiritualmente purificata poteva ottenere quel favore divino necessario per trionfare sugli infedeli e ricondurre la croce su Gerusalemme. Contemporaneamente all’appello papale giunse in Occidente l’arcivescovo Giosia di Tiro, unica città della costa Palestinese ancora in mani cristiane, con l’obiettivo di far giungere aiuti immediati e predicare la nuova spedizione. Il primo risultato che riuscì a conseguire fu convincere il re di Sicilia Guglielmo II ad inviare una flotta a sostegno della città assediata e adesso egregiamente difesa da Corrado del Monferrato (fratello del primo marito di Sibilla di Gerusalemme); questa flotta fu vitale per rifornire non solo Tiro, ma anche Antiochia e Tripoli evitando così lo sbriciolamento dell’intero Oriente Latino prima ancora che la nuova spedizione fosse pronta. Dopo la Sicilia Giosia si recò sul continente e il 22 Gennaio 1188 chiese udienza a Filippo II di Francia e Enrico II d’Inghilterra, che si trovavano a Gisors per trattare una tregua all’interno della sempre più endemica lotta tra la corona francese e i Plantageneti (allo stesso tempo re d’Inghilterra e vassalli del re di Francia). La notizia della caduta di Gerusalemme si era già diffusa creando grande commozione in un Europa in cui la fede aveva un ruolo centrale, così le accorate parole di Giosia spinsero i due re e vari signori ad accettare di prendere la croce. Seguendo l’esempio della seconda crociata, che aveva abbandonato i metodi fai da te del 1095, sia in Francia che in Inghilterra venne imposta una decima, la celebre decima di Saladino, con cui finanziare l’impresa; ma se il forte sistema statale inglese permise una sua facile riscossione (l’arcivescovo di Canterbury girò il paese per sensibilizzare le anime), nella Francia parcellizzata nelle tante piccole unità feudali semi autonome Filippo II non riuscì a imporre una raccolta unitaria dovendo lasciare l’opera ai singoli signori che la usarono per autofinanziarsi. Le possibilità di una rapida partenza vennero poi gustate dall’attivismo del terzogenito di Enrico Riccardo che, all’interno di un conflitto con altri signori feudali dell’Aquitania, finì per fare la guerra al padre alleandosi con lo stesso Filippo di Francia. Si dovette così attendere il 6 Luglio 1189 quando Enrico II morì lasciando il trono proprio a Riccardo che, avendo a suo tempo anche lui già preso la croce, decise di mettere in testa alle sue priorità da neo re proprio la crociata per arginare le proteste sorte in tutt’Europa (anche dal Papa) per il ritardo e i suoi motivi. Un nuovo incontro tra lui e Filippo di Francia a Vézelay il 1° Aprile 1190 permise di organizzare la spedizione e sancire l’accordo della divisione a metà di ogni bottino conseguito durante la crociata. Comunque si dovette ancora attendere fino al 1° Luglio perché i due eserciti si andassero a radunare. Molto più decisa fu invece l’azione dell’anziano Imperatore Federico Barbarossa che, a settant’anni suonati, rimase commosso dall’appello lanciato dal vescovo Enrico di Strasburgo nel dicembre 1187 nonché da una successiva supplica personale ad opera dell’inviato del Papa cardinale Enrico di Marcy. Così la domenica di Qaresima del 1188 l’Imperatore convocò una dieta speciale, curia Jesu Christi perché simbolicamente presieduta dal Cristo in persona, in cui prese la croce insieme con molti nobili tedeschi. Può sembrare curioso che proprio il Barbarossa, che aveva passato anni in lotta con il Papa, sostenuto quattro antipapa e trascorso anni da scomunicato, sia stato così solerte a rispondere all’appello del romano Pontefice per una crociata. Ragioni per restare in Europa ve ne era molte e di buone, non da ultimo la perenne riottosità della nobiltà tedesca, pronta ad imbracciare le armi contro l’Imperatore non appena la si perdeva un attimo di vista, ma vi erano anche varie ragioni di opportunità per aderire all’impresa. In primis il prestigio e il ruolo universale dell’istituzione imperiale imponevano che l’unico Imperatore cristiano d’Occidente agisse in prima persona per liberare la Città Santa dagli infedeli; in secondo luogo un’eventuale vittoria avrebbe enormemente rafforzato la sua posizione sia all’interno dell’Impero che nei confronti del Papa, permettendogli di intascare i dividendo ad esempio nel momento in cui avesse voluto assicurare al figlio la successione al titolo di Imperatore. Fatto sta che le forze tedesche si radunarono a Ratisbona e l’11 Maggio 1189 si misero in marcia; già in marcia perché il Barbarossa scelse ancora una volta di seguire la rotta terrestre Europa – Balcani – Asia Minore – Terra Santa seguita dalla prima crociata, ma rivelatasi disastrosa per la seconda. Eppure Federico aveva partecipato alla spedizione di Corrado III e dunque doveva ricordarsi di quel drammatico tentativo di attraversare le zone montagnose dell’Anatolia costantemente sotto le incursioni del turchi del Sultanato della Rum nonché dei montanari greco-bizantini; nonostante ciò scelse di provare ancora la via di terra. L’esercito messo in campo dall’Imperatore viene sempre descritto come uno dei più grandi che abbiamo mai partecipato a una crociata e comprendeva, oltre allo stesso Federico, il figlio minore dell’Imperatore, undici vescovi, ventotto conti più un gran numero di nobili minori. Conviene seguire le vicissitudini dei tedeschi separandole da quelle dei franco-inglesi in quando, e lo vedremo a breve, quest’immensa armata in gran parte non vide mai la Terra Santa. Il Barbarossa tentò di organizzare al meglio la spedizione sia imponendo una rigidissima disciplina, al fine di evitare gli episodi di razzie di terre cristiane che erano stati comuni nelle precedenti spedizioni, sia inviando i suoi piani di marcia a ungheresi, serbi, bizantini e anche turchi di Konya perché gli permettessero libero passaggio. Effettivamente viene riconosciuto che l’esercito tedesco di Federico fu forse quello che meglio si comportò durante il suo passaggio e ciò anche perché l’Imperatore impose il rispetto delle regole indistintamente dal rango; i problemi però iniziarono non appena la crociata fu nei pressi del confine dell’Impero bizantino. Tra l’occidente e Costantinopoli i rapporti erano da tempo nuvolosi tendenti al burrascoso; gli eredi di Roma consideravano gli Stati crociati degli usurpatori di terre appartenenti all’Impero e temevano che prima o poi una di queste crociate potesse essere diretta contro di loro (la storia confermò che non era mera paranoia); dal canto loro gli occidentali consideravano i greci-ortodossi come degli scismatici e, non completamente a torto, ritenevano che in più di un’occasione, invece di aiutare i loro fratelli in Cristo latini d’Oriente, si fossero alleato con i musulmani contro di loro. All’epoca era Basileus Isacco Angelo, che era in buoni rapporti con il Saladino e a cui aveva promesso di ostacolare in ogni modo la marcia dei crociati verso la Terra Santa. Così non appena varcati i confini bizantini le forze tedesche iniziarono ad essere attaccate dai briganti locali non ricevendo alcun supporto dalle autorità imperiali; Isacco si permise anche di arrestare gli ambasciatori di Federico e trattenerli come ostaggi. Il Barbarossa non era tipo da lasciarsi mettere i piedi in testa da nessuno e così, dopo aver occupato Plovdiv ad Agosto, di fronte al costante muro di rifiuti di Costantinopoli decise di dare libertà di saccheggio alle truppe al fine di mettere sotto pressione la corte bizantina. La situazione giunse a un tale livello di ostilità che Federico prese anche in considerazione l’attacco alla stessa Costantinopoli inviando al figlio maggiore la richiesta di raccogliere una flotta dalle città marinare italiane. Comprendendo che il rischio si stava facendo troppo grande Isacco fu costretto a capitolare e, dopo aver rilasciato gli ambasciatori, fornì i mezzi per trasportare i crociati in Asia Minore. Non appena però passati i Dardanelli, tra il 22 e il 28 Marzo 1190, l’azione di sabotaggio greca ripresa e adesso c’era anche da vedersela con i turchi del Sultanato di Rum, i quali anche loro aveva promesso al Saladino di fare resistenza all’avanzata europea. Nonostante il ripresentarsi delle difficoltà già sofferte dalla seconda crociata, cavalli morti e assenza di guide locali che indicassero la strada, Federico avanzò su Konya affrontando in battaglia i turchi selgiuchidi, guidati dal figlio del Sultano Kikij Arslan II, poco furi le porte della città. Lo scontro si risolse in un netto successo per i crociati che, il giorno dopo, occuparono la capitale del Sultanato di Rum. A fronte della sconfitta i turchi decisero di concedere libero passaggio a Federico che riprese subito la marcia; questa comunque non fu mai una mera passeggiata di salute e i cronisti riferiscono che, giunti infine a Karaman, molti uomini aveva abbandonato parte del loro equipaggiamento durante il viaggio. Comunque il 30 Maggio la crociata giunse in Cilicia, territorio cristiani, e Federico poteva gloriarsi di essere riuscito lì dove Corrado III aveva fallito cioè attraversare l’Asia minore con un grande esercito. Sembrava che il futuro dovesse arridere ai tedeschi quando invece, il 10 Giugno, la catastrofe! Non si è mai capito bene cosa successe, ma sembra che sentendosi accaldato (ma forse anche al fine di mostrare la sua ancora grande prestanza fisica) l’Imperatore decise di attraversare a nuoto il fiume Goksu, che non era proprio un ruscelletto. Forse fu colto da un infarto, comunque è certo che annegò prima che i suoi uomini riuscissero ad andargli in soccorso. Con la morte di Federico Barbarossa il morale della crociata tedesca crollò decretandone lo sfaldamento. Parte dei crociati decise di fare subito dietro front e rientrare in Europa, parte si recò ad Antiochia dove cadde vittima di un’epidemia mentre un terzo gruppo, guidati da Federico VI di Svevia figlio dell’Imperatore, proseguì la marcia, con l’obbiettivo di seppellire il Barbarossa a Gerusalemme, e, dopo un tragico viaggio lungo la costa siriana, riapparirà decimato sotto le mura di Acri. Piccola curiosità il tentativo di conservare il corpo dell’Imperatore nell’aceto fallì miseramente e così si dovette rinunciare al piano di seppellirlo nella Città Santa; i suoi resti furono divisi tra le chiese di Antiochia, Tiro e Tarso dando luogo alla leggenda dell’eroe dormiente che si sarebbe ridestato nell’ora del bisogno della Germania (vedi l’Operazione Barbarossa nel 1941).
Torniamo adesso a Riccardo I e Filippo II che, dopo aver radunato i loro eserciti, si diressero per percorsi diversi verso Messina in Sicilia. Francesi e inglesi infatti, forse facendo tesoro dell’esperienza di Luigi VII, avevano deciso di giungere in Terra Santa via mare approfittando anche della copertura offerta dalle flotte delle città marinare italiane, Genova e Pisa in particolare. Il 22 Settembre 1190 i due re si riunirono nuovamente nella città siciliana, ma il viaggio finale verso Oriente venne ancora ritardato in quanto sia Riccardo che Filippo avevano delle controversie politiche da risolvere col neo incoronato re di Sicilia Tancredi. In particolare Riccardo voleva indietro la dote che suo padre aveva pagato al predecessore di Tancredi, Guglielmo II, quando questi aveva sposato la sorella di Riccardo Giovanna. La situazione peggiorò al punto che Riccardo usò le sue truppe per prendere d’assedio Bagnara in Calabria e costringere il re di Sicilia a pagare. Tra questi eventi e l’arrivo dell’inverno si dovette attendere sino alla fine di Marzo 1191 perché Filippo si imbarcasse mentre Riccardo rimase nel Sud dell’Italia ancora qualche giorno per incontrare la sua promessa sposa, Berengaria di Navarra, per poi partire a sua volta il 10 Aprile. Tappa intermedia della flotta inglese fu l’isola di Cipro ufficialmente sotto il governo di Costantinopoli, ma governata da tempo come un’entità autonoma dal principe ribelle Isacco Comneno. Questi aveva fatto prigionieri alcuni crociati inglesi naufragati sull’isola con le loro navi (tra cui quella che trasportava il tesoro reale); di fronte al rifiuto di rendere indietro il maltolto Riccardo invase l’isola conquistandola. Cipro fu affidata momentaneamente ai Templari, ma non è possibile stabilire se Riccardo si avvide di quale eccellente base strategica aveva procurato ai Latini in Oriente con la sua iniziativa. Finalmente il 5 Giugno il re inglese fece definitivamente rotta verso la Terra Santa. Qui, dopo la caduta di Gerusalemme, i combattimenti non si erano mai fermati; Saladino infatti non era un ingenuo e comprese subito che la conquista della città santa avrebbe generato una dura risposta da parte della cristianità, per cui usò tutto il tempo a sua disposizione per prepararsi all’inevitabile urto. La strategia del Sultano era semplice: togliere campo d’azione alla prossima crociata. Per far ciò abbiamo già visto che trattò con Costantinopoli e i turchi selgiuchidi dell’Anatolia perché rendessero difficoltoso il passaggio ad eventuali eserciti europei che avessero attraversato l’Asia Minore. Contemporaneamente agì per conquistare il maggior numero di piazzeforti cristiane sulla costa palestinese e libanese, ciò anche per compensare l’inevitabile inferiorità della sua flotta a confronto di quella dei crociati. Acri, Beirut, Sidone e molti altri porti erano già caduti al momento della resa di Gerusalemme e così ai cristiani restavano solo tre posizioni: Tortosa, Tripoli (coi suoi forti castelli Templari e Ospitalieri) e Tiro. In particolare l’ultima era una posizione strategicamente fondamentale perché ultimo brandello dei regni crociati in Palestina e dunque punto di partenza ottimo per un eventuale tentativo di riconquistare Gerusalemme; per questo motivo Saladino vi pose immediatamente assedio e il suo difensore, Rinaldo di Sidone, aprì negoziati con Saladino i quali stavano per giungere a conclusione quando giunse in città Corrado del Monferrato. Questi incoraggiò la popolazione alla difesa ad oltranza riuscendo, grazie anche al supporto della flotta pisana che aveva sostituito quella sicula, a salvare la città. Mentre Saladino si ritirava, per condurre una campagna contro a Antiochia e dunque rientrare a Damasco così da preparare le sue forze agli scontri futuri; i Latini d’Oriente non persero tempo a ricominciare a litigare intorno all’annosa questione del trono di Gerusalemme. Da un lato vi erano i sostenitori di Guido di Lusignano, cioè il legittimo re, ma molti nobili lo consideravano responsabile del disastro di Hattin e iniziavano a preferirgli l’energico Corrado. Guido, liberato dalla prigionia a Damasco, chiese asilo a Corrado, ma questi gli rifiutò l’ingresso a Tiro e così il re di Gerusalemme, con un esercito di 400 cavaliere e 7000 fanti, decise di porre l’assedio ad Acri nell’Agosto del 1189. Saladino attese di aver radunato le sue forze prima di muovere in soccorso della città assediata, ma il suo tentativo si spezzare l’assedio fallì e così si creò una strana situazione in cui Acri era assediata da Guido che a sua volta era assediato dalle truppe di Saladino. Nei mesi che seguirono vari contingenti iniziarono a giungere dall’Europa a supporto dell’assedio di Acri come un’avanguardia inglese guidata dall’arcivescovo di Canterbury, una francese comandata da Enrico di Champagne nonché i resti della crociata tedesca, guidati dal Duca Leopoldo d’Austria dopo la morte di Federico VI di Svevia. Anche Saladino riuscì a far entrare truppe fresche in città, ma il Sultano doveva costantemente fare i conti con le varie anime del suo esercito le quali non attendevano altro che un suo passo falso per metterne in dubbio l’autorità. L’arrivo prima di Filippo di Francia (20 Aprile con duecento cavalieri più fanti) e poi di Riccardo I (8 Giugno duemila cavalieri più i fanti) imbottigliò la flotta araba nel porto di Acri e spostò definitivamente l’equilibrio a favore dei cristiani che riuscirono ad aprire una serie di brecce nelle mura. Il 12 Luglio 1191, senza la preventiva approvazione di Saladino, Acri si arrese, ma all’atto di ingresso delle forze cristiane in città avvenne un incidente che in seguito avrebbe avuto serie conseguenze a crociata finita. Gli uomini di Filippo e Riccardo gettarono giù dalle mura di Acri lo stendardo di Leopoldo d’Austria affermando che le insegne di un Duca non potevano stare accanto a quelli di due re; Leopoldo, che si considerava il rappresentante in Terra Santa del Sacro Romano Impero dopo la morte del Barbarossa, la prese a male e se la legò al dito. Frattanto il games of thrones di Gerusalemme era andato avanti con sviluppi romanzeschi che adesso chiamavano in causa direttamente i due sovrani come arbitri ultimi della vicenda. Tecnicamente Guido di Lusignano era il Re di Gerusalemme, ma nel 1190 sia sua moglie Sibilla che le sue due figlie erano morte per cui l’erede al trono ufficiale era Isabella la sorellastra di Sibilla; questa però era sposata con un sostenitore di Guido e così una coalizione di nobili contraria al re, guidata da Baliano d’Ibelin, “rapì” Isabella per portarla davanti a un tribunale ecclesiastico che decretasse nullo il matrimonio così da farla sposare con Corrado del Monferrato. Il matrimonio era nullo sotto ogni punto di vista non solo per il modo in cui ci si era arrivati, ma anche perché il fratello di Corrado era il marito della sorellastra d’Isabella… insomma un immane pastrocchio a cui Filippo e Riccardo dovevano mettere mano prima di poter continuare con la campagna militare. Il problema era che il loro giudizio non poteva essere ispirato dall’equità visto che entrambi avevano interessi politici non indifferenti nella vicenda: Corrado era infatti cugino di Filippo II, mentre Riccardo non poteva inimicarsi la famiglia dei Lusignano in quanto il suo ramo europeo accampava pretese sulla contea di Poitou che era dominio feudale personale del re d’Inghilterra. Forse fu l’ambiente biblico a ispirare le parti, ma alla fine il 28 Luglio si decise per la soluzione salomonica di tagliare il regno in due: Guido sarebbe rimasto re vita natural durante tenendo Acri e ogni territorio riconquistato nel Sud, mentre Corrado avrebbe avuto Tiro con il Nord del regno e la promessa di ascendere al trono dopo la morte del Lusignano. I crociati in quei giorni non negoziarono solo tra loro, ma anche con Saladino in merito al riscatto della guarnigione catturata ad Acri; il Sultano d’Egitto e Siria era infatti molto interessato a riavere indietro queste truppe, tra le migliori del suo esercito, e aveva merci di scambio molti interessanti come alcuni prigionieri cristiani dai tempi della battaglia di Hattin o, soprattutto, la reliquia della Vera Croce. Sembrò che si fosse giunti a un accordo in base a uno scambio di prigionieri e il pagamento di un grosso riscatto, ma poi, dopo il rilascio da parte musulmana di un primo gruppo di uomini, le trattative andarono ad arenarsi. Frattanto il 31 Luglio Filippo II decise di rientrare in Europa; i motivi dell’abbandono della spedizione appena agli inizi sono da ricercare da un lato nella non facile convivenza forzata con Riccardo, i due sovrani non si amavano causa la perenne ambiguità del rapporto tra la corona inglese e quella francese, dall’altro nella morte durante l’assedio di Acri del conte Filippo delle Fiandre, evento che apriva l’importantissima partita per la successione a quel titolo. Comunque il grosso delle truppe francesi rimase in Terra Santa, guidate da Enrico di Champagne, ma adesso Riccardo era de facto il comandante indiscusso dell’intera spedizione. Filippo comunque prima di partire non si risparmiò un ultimo sgarbo lasciando la sua metà di Acri a Corrado del Monferrato minando così le basi dell’accordo del 28 Luglio. Forse fu anche l’ira per questa azione, avvertita da Riccardo come un mezzo sabotaggio dell’unità interna dell’esercito, a spingere Riccardo a ordinare uno degli atti più efferati della storia delle crociate: il massacro dei prigionieri mussulmani. Come abbiamo detto i negoziati con Saladino si erano arenati, anche se non è giunta a noi nessuna notizia sul motivo di ciò, così il 20 Agosto tutti i prigionieri comprese donne e bambini furono uccisi di fronte ai picchetti dell’esercito nemico; non sappiamo i numeri precisi di questa strage, ma lo stesso Riccardo, in una lettera parlò di almeno 2600 saraceni giustiziati. Vennero risparmiati solo le più alte personalità politiche e militari che potevano essere utili nella trattativa per riavere indietro la Vera Croce. Cinque giorni dopo Riccardo iniziò la sua marcia verso Sud direzione Giaffa; Saladino lo seguiva a ruota tentando di anticiparlo lungo la costa per poter dare battaglia in un punto strategicamente favorevole. Questa avanzata verso Sud fu una grande battaglia tattica tra i due comandanti in quanto entrambi erano perfettamente a conoscenza degli obiettivi della contro parte, e dunque misero in campo giornalmente mosse e contromosse per tentare di avvantaggiarsi. Alla maggiore velocità di spostamento delle truppe mussulmane, favorite dalla loro grande abilità di disperdere e concentrare un grande esercito, si contrapponeva la solidità dell’ordine di marcia dell’esercito cristiano, rifornito costantemente dal mare mezzo la flotta. Il primo round fu vinto da Riccardo che, con un’improvvisa fuga in avanti, riuscì ad anticipare l’avversario occupando Merle prima che Saladino potesse frapporsi tra l’esercito cristiano e la città. Il Sultano provò a occupare tutti i passi e i punti strategici tra Merle e Cesarea, ma la lentezza di spostamento dei cristiani lo costrinse a richiamare molte truppe in quanto stavano finendo i rifornimenti. Solo il 30 Agosto Riccardo si rimise in marcia lungo la costa, ma già quella sera Saladino era riuscito a schierare il suo esercito parallelamente a quello cristiano; entrambe le parti sapevano che lo scontro era solo questione di giorni, stava solo da vedere quando Saladino avesse considerato il momento e il terreno propizio per impegnare tutte le sue forze. Il primo attacco, lanciato lo stesso 30 Agosto, fu una mera azione di disturbo che non produsse gravi inconvenienti ai crociati, invece il 2 Settembre si giunse per la prima volta allo scontro corpo a corpo. Più che una battaglia fu una schermaglia, ma le perdite furono alte per entrambe le parti. Il giorno dopo Saladino ruppe il contatto con le forze crociate e si spinse in avanti al fine di prendere posizione su una collina presso la foresta di Arsuf; stavolta aveva trovato il luogo perfetto per dare battaglia: la stretta lingua di terra tra la spiaggia e il bosco che i cristiani avrebbero dovuto percorre se non volevano perdere il supporto della flotta. Era il 7 Settembre quando i crociati si avvicinarono all’area ed è probabile che Riccardo fosse consapevole che Saladino intendesse tentare di nuovo, ma stavolta con più energia, di fermare la sua avanzata. Ciò si intuisce dal fatto che schierò le sue truppe in un ordine di marcia che era però anche rapidamente convertibile, mezzo una semplice rotazione verso sinistra, in un ordine di battaglia per respingere un attacco proveniente dall’entroterra. Ecco come descrive questo schieramento David Nicolle: uno schermo esterno di fanteria che copriva il fronte e i fianchi comandato da Enrico di Champagne, l’avanguardia/ala destra era composta da quatto squadroni di cavalleria tra Templari, bretoni e Angioini guidati dal Gran Maestro del Tempio Robert de Sablé, altri quattro squadroni al centro comandati da Riccardo in persona e provenienti dall’Aquitania, infine la retroguardia/ala sinistra con i cavalieri francesi, fiamminghi, Ospitalieri e del Regno di Gerusalemme. Non vi sono invece notizie sullo schieramento adottato da Saladino, ma sempre David Nicolle, sulla base del successivo andamento della battaglia, suppone che il Sultano si pose, con le truppe scelte di Damasco, al centro dietro la linea principale delle sue forze composte dai siriani, nominalmente guidate da suo figlio al-Afdal. Sul fianco sinistro c’erano le truppe provenienti dalla Jazira e dal Nord Iraq mentre sulla destra era schierato il fratello di Saladino al-Adil con gli egiziani. Probabilmente le unità di fanteria erano in prima linea e ognuna di loro era sotto il comando del contingente di cavalleria, proveniente dalla loro stessa regione, schierato subito alle loro spalle. Intorno alle 9:00 del mattino l’avanguardia crociata giunse nei pressi di Arsuf; circa allo stesso tempo Saladino aveva il suo esercito proprio davanti alla foresta, forse in attesa del così detto nuzul cioè quel momento in cui il nemico in marcia era all’apice della fatica che era sfruttato dagli eserciti mussulmani per lanciare l’attacco. Un intenso lancio di fereccie e giavellotti iniziò a piovere sulla testa dei crociati e ben presto l’ala sinistra di Riccardo si trovò investita dalle forze nemiche, costringendo parte della fanteria crociata a tornare indietro per andare in aiuto; questa manovra però rischiò di aprire un vuoto tra il centro e l’ala sinistra dello schieramento cristiano. Riccardo non si fece prendere dal panico, ma si attivò per organizzare una carica generale di tutta la sua cavalleria; la pressione sull’ala sinistra era però molto forte e il maresciallo degli Ospitalieri chiese due volte al re d’Inghilterra, una recandovisi di persona, l’autorizzazione a caricare ricevendo però un rifiuto. Ad avanzare invece fu la cavalleria mussulmana, cui dietro venne la guardia personale di Saladino; il rischio per i cavalieri ospitalieri e francesi di essere aggirati sul lato del mare fu sventato da una rapida manovra della fanteria crociata che allargò il suo fronte per coprire il fianco e il retro dell’ala sinistra. Improvvisamente il maresciallo degli ospitalieri, seppur ancora non avesse ricevuto l’ordine, lanciò i suoi alla carica; si è a lungo discusso se questa iniziativa fu dovuta a un crollo psicologico del maresciallo o all’errata idea di aver udito, nella confusione della battaglia, lo squillo di tromba con cui il re dava l’ordine di avanzare. L’azione comunque fu così improvvisa da travolgere la stessa fanteria crociata che andò completamente in confusione. Riccardo, temendo che gli ospitalieri e i francesi potessero rimanere circondati ordinò al resto della cavalleria crociata di caricare e lui stesso si recò a supporto dell’azione della sua ala sinistra. La forza d’urto dei cavalieri europei impattò violentemente sullo schieramento di Saladino, soprattutto perché molti cavalieri mussulmani erano scesi da cavallo per poter tirare frecce con maggior precisione. Sbandato l’esercito del Sultano iniziò ad arretrare verso le colline della foresta e le fonti di parte mussulmana non nascondo che quello fu per Saladino un momento drammatico della battaglia in quanto le sue forze erano a un passo dalla rotta completa. Fortunatamente per lui Riccardo non si avvide dell’opportunità e fermò la carica per poter riorganizzare le sue forze e preparare quell’assalto coordinato di cavalleria che era stato sin dall’inizio nelle sue intenzioni; l’attimo di respiro permise anche a Saladino di riportare ordine tra le sue fila e organizzare il contrattacco. Stavolta però il re inglese era pronto a ricevere il nemico e, suonata la carica, lui stesso guidò gli squadroni inglesi e francesi contro la linea mussulmana; l’esercito di Saladino iniziò ad arretrare di nuovo verso i boschi combattendo e a un certo punto tra cristiani e mussulmani si ruppe il contatto. Era ormai quasi mezzogiorno e Riccardo ordinò di interrompere l’inseguimento per riprendere la marcia su Arsuf e accamparsi lì; gli eventi a questo punto diventano incerti e non è chiaro perché si accese un nuovo combattimento, ma invece è certo che il re inglese lanciò una terza e ultima carica di cavalleria probabilmente tesa a forzare la guarnigione di Arsuf ad abbandonare il villaggio. L’esercito di Saladino non si era ritirato, ma si era nuovamente riorganizzato senza però cercare un nuovo contatto con l’esercito nemico e quindi lasciandogli il campo pur senza perdere il contatto visivo con i crociati. Difficile dire quante furono le perdite; sicuramente in termini netti i mussulmani persero più uomini mentre da parte crociata non vennero mai indicazioni precise sui caduti se non per la morte di Giacomo de Avresnes, uno dei principali comandanti cristiani. Riccardo aveva sicuramente vinto, ma Saladino era riuscito a conservare intatta la gran parte del suo esercito per cui pare esatta la conclusione degli storici Lysons e Jackson secondo i quali dopo Arsuf “era difficile per Saladino vincere, ma i crociati avrebbero ancora potuto perdere. Essi avevano vinto, ma la rotta mussulmana era non più che una versione costosa e non dignitosa delle loro tattiche.”. David Nicolle afferma che tra Arsuf e la perdita di Acri, sicuramente il secondo era stato il rovescio maggiore subito da Saladino in quanto aveva significato la caduta di una posizione strategica di grande importanza. Il Sultano d’Egitto e Siria conservava il vantaggio di poter ricostruire rapidamente le sue forze, cosa che non era possibile a Riccardo, ma certamente, per ragioni di prestigio e stabilità interna al suo Impero, non poteva permettersi ulteriori rovesci. La crociata si andò quindi trasformando in una lenta partita a scacchia; Saladino, non potendo difendere sia Gerusalemme che Ascalona, decise di distruggere il castello della seconda città perché se i crociati l’avessero preso avrebbero potuto interrompere i suoi contatti con l’Egitto. Da par suo Riccardo aveva tre opzioni: muovere su Gerusalemme, muovere su Ascalona per tentare di invadere l’Egitto oppure trattare. Consapevole di quanto fosse rischioso giocarsi il tutto per tutto sotto le mura della Città Santa, e temendo che un’invasione dell’Egitto avrebbe fatto slittare ulteriormente i tempi della crociata, il re inglese decise di aprire trattative ufficiali con Saladino. A muoverlo in questa direzione era sia la valutazione strategica che i cristiani, al contrario dei mussulmani, non erano in grado di rimpinguare le loro perdite con la stessa rapidità del nemico; sia il fatto di non poter restare a tempo indeterminato lontano da casa. Riccardo era infatti via dal suo regno ormai da quasi un anno e temeva sia le iniziative di Filippo di Francia, già rientrato in Europa, sia il fratello Giovanni che giungeva notizia stesse complottando per usurpargli il trono. La prima proposta di Riccardo fu giudicata da Saladino inaccettabile: restituzione ai cristiani di tutta la Palestina fino al Giordano insieme con la reliquia della Sacra Croce. Nel frattempo ripresero le scaramucce tra Guido da Lusignano e Corrado del Monferrato, il secondo appoggiato anche dai cavalieri francesi che non avevano mai veramente accettato l’accordo stipulato. Questi problemi nel loro stesso campo, insieme con alcuni guai che i Templari stavano avendo a Cipro, iniziarono a rodere il morale della crociata. Dall’altro lato della barricata Saladino aveva anche lui i suoi grattacapi perché ad Est erano insorti problemi con il Califfato abbaside di Baghdad e allo stesso tempo sapeva che una nuova sconfitta in battaglia avrebbe potuto voler dire la sua fine politica. Mentre le trattative proseguivano il Sultano si ritirò a Latrum per proteggere Gerusalemme mentre i crociati avanzarono sino a Ramla; messi di nuovo uno di fronte all’altro gli eserciti si trovarono coinvolti in una serie di piccoli scontro che però non rischiarono mai di degenerare in una battaglia campale. L’arrivo di ulteriori rinforzi dall’Egitto spinse Saladino a indietreggiare per difendere direttamente la Città Santa, contemporaneamente Riccardo prese Bait Nuba che diverrà il punto massimo dell’avanzata cristiana durante la terza crociata; da qui, durante una scorreria, il re inglese poté vedere brevemente in lontananza Gerusalemme. I francesi avrebbero voluto che si continuasse l’avanzata, ma i Gran maestri di Templari ed Ospitalieri, che conoscevano bene il territorio e la guerra che si faceva lì, ritenevano che i rifornimenti dell’esercito fossero troppo scarsi per rischiare un assedio della città; il timore era di trovarsi nella stessa situazione di Guido da Lusignano ad Hattin: un esercito stanco ed assetato facile prede dell’attacco da parte dei mussulmani. L’8 Gennaio 1192 Riccardo decise di riguadagnare la costa e, per annullare l’effetto psicologico negativo della ritirata, conquistò Ascalona dando ordine di rifortificarla. Ormai però lo scontro all’interno del campo crociato tra Guido e Corrado per il titolo di re di Gerusalemme era una seria minaccia per il prosieguo della spedizione e così Riccardo decise di convocare i principali capi cristiani per mettere un punto definitivo alla vicenda. Con grande sorpresa del re inglese sembrava che il fronte di Guido fosse evaporato e che ormai tutti volessero Corrado come re; messo di fronte a questa comunanza di pareri Riccardo offrì a Guido Cipro come compensazione per la perdita della corona così che Corrado potesse ascendere subito a re di Gerusalemme. Il regno del nuovo monarca però fu brevissimo perché il 28 Aprile venne assassinato a Tiro da un Assassino; vennero avanzata varie ipotesi su chi potesse averlo ingaggiato, ma una risposta certa ad oggi non è possibile darla perché Corrado, col suo carattere forte, era riuscito a litigare con Riccardo, Filippo e Leopoldo d’Austria. Rapidamente si dispose che Isabella vedova di Corrado, legittima erede al trono di Gerusalemme, sposasse Enrico di Champagne così da chiudere una volta per tutte quel games of throne che aveva ininterrottamente avvelenato l’unità del fronte cristiano. Da un punto di vista militare Riccardo prima sembrò sul punto di arrischiare un’invasione dell’Egitto, conquistando la città di Darum nel Sud della Palestina, ma in seguito, venuto a sapere che Saladino aveva dovuto inviare parte delle sue forze a sedare una rivolta nello Jazira, decise di puntare di nuovo su Gerusalemme riguadagnando Bait Nuba. Si era agli inizi di Luglio e ancora una volta i due eserciti si fronteggiavano; Saladino avrebbe preferito evitare una battaglia, nel suo esercito la tensione tra turchi e curdi erano in aumento e c’era il timore di restare imbottigliati nella città così com’era successo ad Acri, ma sembrava che stavolta lo scontro fosse inevitabile. Invece, incredibilmente, il 3 Luglio il Sultano ebbe notizia che i crociati si stavano nuovamente ritirandosi verso la costa e una settimana dopo Riccardo gli inviò un messaggio per invitarlo a una ripresa delle trattative. Seguirono ancora due mesi di scontri durante i quali Saladino fece due tentativi fallimentari di riconquistare Giaffa, venendo però in entrambi i casi respinto dalla rapida reazione di Riccardo. Così il 28 Agosto il sovrano curdo inviò la sua offerta di pace definitiva: tregua per tre anni e otto mesi, la costa da Beirut a Giaffa sarebbe rimasta in mano crociata, Ascalona sarebbe tornata ai mussulmani senza fortificazioni e ai cristiani sarebbe stata concessa libertà di circolazione e pellegrinaggio in tutta la Palestina. Riccardo, che nel frattempo si era ammalato gravemente, comprese che la spedizione si era ormai arenata e così il 2 Settembre autorizzò i suoi emissari a firmare l’accordo. Scortati da truppe mussulmane i crociati inglesi completarono il loro pellegrinaggio a Gerusalemme mentre Riccardo, che non entrò mai nella Città Santa, frappose vari ostacoli ai cavalieri francesi, da lui considerati corresponsabili del fallimento della crociata per il loro appoggio a Corrado del Monferrato e per non aver sempre seguito la strategia dettata dal re inglese. Il 10 Settembre Saladino smobilitò la gran parte delle sue truppe mentre il 9 Ottobre Riccardo salpò da Acri per ritornare in Europa.
La Terza crociata fu l’ultima spedizione europea in Terra Santa che andò realmente vicina a una riconquista di Gerusalemme manu militari (Federico II di Svevia nel 1229 riottenne la Città Santa con la diplomazia) nonché l’ultima a mettere realmente in difficoltà i mussulmani. Da questo momento in poi per l’Oriente Latino sarà una lenta agonia inframezzate da altre tre crociate (quinta, settima e ottava) che si risolveranno in mere toccate e fuga. Paradossalmente il risultato più duraturo della “crociata dei re” fu la conquista di Cipro che rimase nelle mani della casa dei Lusignano fino al 1489 quando Caterina Cornaro, vedova dell’ultimo re Giacomo II, cedette l’isola ai veneziani, che la terranno fino al 1571 anno della conquista ottomana. Così questa “conquista incidentale” poté diventare prima un’importantissima base per il supporto di ciò che restava dei regni crociati in Terra Santa, per poi fungere da prima linea di difesa nel Mediterraneo dopo la completa riconquista Mussulmana del Medio oriente. La terza crociata fu poi, dopo la quarta, quella maggiormente condizionata da logiche politiche: la rivalità interna tra Filippo II e Riccardo I nonché l’eterno games of throne del Regno di Gerusalemme ebbero un ruolo centrale nel determinare il risultato finale della spedizione. Va però anche detto che l’epica della “crociata dei re” si può dire essere in parte ingiustificata; certo i nomi che vi presero parte sono altisonanti, ma abbiamo visto che, da un punto di vista militare, non si ebbero eventi particolarmente spettacolari e solo Arsuf, con le sue carice della cavalleria crociata, diede spazio alla gloria. Voglio dire a confronto la prima crociata, con il drammatico assedio di Antiochia, seguito dalla miracolosa vittoria contro l’esercito mussulmano di soccorso e poi dalla caduta di Gerusalemme, fu molto più degna di cantori anche se non vi partecipò nessuna testa coronata. Concludendo come si può considerare la terza crociata? Un fallimento o un mezzo successo? Apparentemente i cristiani potevano dirsi parzialmente soddisfatti perché erano riusciti a mantenere delle basi in Terra Santa e aveva ottenuto la libertà di pellegrinaggio; in realtà però a mio parere fu Saladino che, sul lungo periodo, poté ritenersi più che compiaciuto del risultato finale. Il Sultano aveva infatti mantenuto buona parte di ciò che era riuscito a conquistare con le sue campagne militari ante 1190 mentre la presenza cristiana si era ridotta a una fascia costiera circondata da ogni lato dai domini di Saladino e dunque completamente dipendente dagli aiuti europei per la sua sopravvivenza. Ci vorrà a malapena un secolo perché i mussulmani riescano a ributtare definitivamente a mare i cristiani cancellando per sempre la loro presenza in Terra Santa. Ultima curiosità il titolo di re di Gerusalemme, che aveva fatto tanto discutere durante l’intera crociata, alla fine tornò ai Lusignano nel 1235 per poi giungere, a termine di una serie di vicende dinastiche, ai Savoia e questo è il motivo per cui, nell’intestazione dello Statuto Albertino, Carlo Alberto inserì tra i suoi titoli quello di re di Cipro e Gerusalemme.
Bibliografia:
- Jonathan Riley-Smith, Storia delle crociate
- David Nicolle, La terza crociata
Giuseppe Caizzi
19 Ottobre 2017Ottimo contributo! Continuate in questo preziosissimo lavoro di diffusione della cultura storica . Magari se potete, in un futuro prossimo , potreste dare la possibilità di scaricare in formato digitale pdf tutti gli articoli che pubblicate su questo sito. Potreste fare dei numeri monografici su singole tematiche (luoghi, personaggi, strategie politiche ecc.)Ma soprattutto non stancatevi Mai nel fare Cultura, nel periodo storico in cui ci sono più strumenti per la Cultura , essa sta avendo uno dei momenti più neri e amari nella Storia della Umanità. Avanti Tutta!
Eduardo D'Amore
19 Ottobre 2017Grazie del complimento e dei consigli. In particolare quello di rendere gli articoli disponibili in PDF vedrò subito se è possibile farlo.
Maurizio borro
11 Agosto 2018GRAZIE a VOI posso tenere alto il poco Spirito che mi resta, peccato che non ho potuto contribuire a quel tempo, ma ho servito orgogliosamente nella Legione Straniera!