Di Carlo Bonaccorso
Continuiamo la nostra pubblicazione dedicata ai protagonisti dei Fasci dei lavoratori siciliani, iniziando, oggi, con Giacomo Montalto, capo del Fascio trapanese.
Figura di spicco del movimento socialista isolano, Montalto si distinse per la sua preparazione politica e per la sua dedizione all’ideale. Nato nel 1864 a Trapani da Francesco, avvocato e da Maria Sanfilippo, dimostrò sin da giovane una forte passione per la politica; studiò opere riguardanti la questione sociale e si interessò della situazione cui versavano i poveri lavoratori della provincia trapanese. Militante di circoli mazziniani e radicali, nel 1890 si recò in Germania dove conobbe la socialdemocrazia. Tornato, si avvicinò alle idee socialiste anche grazie all’amicizia con Napoleone Colajanni. Nel Novembre dello stesso anno, come dimostrazione di solidarietà nei confronti del socialista Francesco Sceusa, costretto ad emigrare in Australia per le continue persecuzione poliziesche, fondò L’Esule, periodico che in poco tempo diventò punto di riferimento per tutte quelle forze trapanesi che combattevano la politica locale e la mafia. Il 4 settembre 1892 Giacomo Montalto fondò il Fascio dei Lavoratori della sua città, inserendo nello Statuto il programma del neonato Partito dei Lavoratori Italiani. Ciò lo posizionò all’interno di quella corrente del Direttivo Centrale, favorevole a trasformare i Fasci nella sezione regionale del Partito. Montalto non appoggiò mai la corrente rivoluzionaria e criticò la scelta del Direttivo di rompere successivamente con Colajanni. L’Esule, frattanto, divenne la rivista ufficiale del Fascio di Trapani cambiando nome in Il Mare. Lavorò tantissimo nella sua provincia, organizzò cortei e denunciò le tristi condizioni dei contadini. Combattè i fasci clientari (come quello di Castelvetrano) e si oppose ai gabellotti mafiosi. Nel 1894, in seguito alla proclamazione dello stato d’assedio da parte di Crispi, Montalto e tutti gli altri componenti del Comitato Centrale dei Fasci vennero arrestati e condannati a più di dieci anni di reclusione. Nel 1895, grazie all’indulto, uscì dal carcere e continuò la sua lotta. Socialista di stampo riformista, sostenne le cooperative locali, secondo lui, strumento efficiente di lotta della classe contadina. In particolare, si interessò alla situazione dell’agro ericino dove i contadini, vessati da canoni d’affitto altissimi, non riuscivano più a vivere. Fu eletto Presidente della Federazione delle Cooperative Agricole di Trapani e nel 1910, insieme con Colajanni e Verro, creò la Federazione Siciliana delle Cooperative. Le difficoltà cui dovette confrontarsi il nostro, furono tante: l’odio che la classe padronale provava nei suoi confronti, le repressioni che gli organi di stato attuavano contro i contadini (come l’eccidio di Castelluzzo del 1904), i dissidi interni al movimento socialista. Ma Montalto non abbandonò mai la sua attività, neanche quando Sceusa, tornato a Trapani, sollevò obiezioni circa la scelta di dedicare la lotta esclusivamente alla classe contadina. Egli, infatti, sosteneva l’idea di un socialismo più urbano, spostando così il centro della lotta politica socialista alla città. Ciò nonostante, Giacomo Montalto continuò a lavorare a favore delle cooperative agricole. Morì il 24 Ottobre del 1934, a Trapani, lasciando nei contadini trapanesi uno spirito di lotta forte e determinato.
–Agostino Lo Piano Pomar
Agostino Lo Piano Pomar nacque a Caltanissetta nel 1871; figlio di Serafino Lo Piano Vaccaro e Virginia Pomar, si occupò presto di politica. Laureatosi in Giurisprudenza, collaborò con diverse riviste quali L’Avvenire, Il Rinnovamento, La Plebe, sostenendo dapprima l’ideale democratico e successivamente quello socialista. Fondò, nel 1893, il Fascio dei Lavoratori di Caltanissetta e, insieme con Garibaldi Bosco, sostenne l’unione dei Fasci con il Partito Socialista Italiano. Lo Piano Pomar fu uno strenuo difensore degli zolfatari, sostenendoli nelle loro battaglie. Caltanissetta si trovava in quella vasta area ricca di grandi giacimenti minerari (700 erano le miniere attive e più di 30000 gli addetti) la maggior parte dei quali di proprietà aristocratica. Il mercato era redditizio ma le crisi economiche erano frequenti e questo provocava malcontento tra i lavoratori. La maggior parte degli abitanti del nisseno, infatti, lavorava nelle miniere ed era costretta a vivere condizioni di lavoro terribili. Differenti furono le proteste che gli zolfatari organizzarono negli anni precedenti, tutte prive di una reale organizzazione e di conseguenza, infruttuose. Ma con la nascita del Fascio dei Lavoratori, nel 1893, le cose cambiarono. Lo Piano Pomar riuscì ad organizzare minatori e contadini, portando avanti giuste rivendicazioni. Il Congresso minerario che si svolse nell’Ottobre del 1893 a Grotte, provincia di Agrigento, in cui parteciparono più di 2000 operai e piccoli imprenditori, fu un successo e tutti contribuirono all’elaborazione del documento in cui vennero stilate le richieste da presentare ai proprietari. In particolare, si chiedeva la garanzia del salario minimo, la riduzione dell’orario di lavoro e l’innalzamento dell’età dei carusi (14 anni). I carusi erano bambini, prevalentemente tra i 6 e i 12 anni, impiegati nelle miniere alle dirette dipendenze del picconiere. Costretti a trasportare in superficie carichi pesantissimi, arrivando anche a 16 ore di lavoro, molti di loro morivano o rimanevano infermi. Spesso erano le stesse famiglie, poverissime, che portavano i figli in miniera in cambio di un po’ di denaro. Tragiche condizioni che vennero alla luce grazie alle proteste del Fascio e che, seppur non totalmente, videro un significativo miglioramento grazie ad esso. Ma la repressione dei Fasci Siciliani ad opera di Crispi, nel 1894, bloccò l’attuazione delle richieste dei lavoratori. Lo Piano Pomar, tuttavia, uscì prestò di prigione e continuò la sua battaglia. Nel 1907 il Nostro venne eletto al Consiglio Comunale e intensificò notevolmente la sua lotta. Nel 1914, grazie all’appoggio dei minatori e dei contadini, venne eletto al Parlamento dove denunciò le condizioni della sua terra. Incentivò la costruzione del sistema ferroviario in una zona, quella del nisseno, malamente collegata e soprattutto si occupò delle miniere di zolfo, in particolare, di quella della Trabonella, di proprietà del barone Morillo, che dava lavoro a tantissime famiglie. Qui le condizioni cui erano costretti a lavorare gli zolfatari erano pessime; la nascita del Consorzio zolfifero, ad opera del Nostro, fu determinante nel dare ai minatori uno strumento in grado di affrontare eventuali crisi del settore e combattere contro le cattive condizioni di lavoro. Agostino Lo Piano Pomar, intanto, continuò nella sua opera di denuncia nei confronti dei proprietari, accusandoli di sfruttamento. Ma nel 1926, abbandonato il PSI, decise di iscriversi al Partito Nazionale Fascista rendendosi conto, però di aver commesso un enorme sbaglio. Morì nel 1927.La figura di Lo Piano Pomar è importante; egli si impegnò molto nella difesa dei lavoratori e spese la sua vita nel denunciare le condizioni degli zolfatari, diventando per loro un fondamentale punto di riferimento nella lotta contro i proprietari avidi e privi di scrupoli.
“Ca sutta ‘nta stu ‘nfernu
puvireddi
Nui semu cunnanati ‘a tirannia
A manu di li lupi su’ l’agneddu
Ciancitini cianciti, mamma mia”
(Canto dei carusi)
Nicola Petrina è una figura particolarmente importante all’interno del movimento dei Fasci Siciliani in quanto fu proprio lui a creare il primo Fascio dell’isola. Sulla data di fondazione, non tutti gli storici sono d’accordo: c’è chi fissa la costituzione del Fascio di Messina al 18 Marzo 1889, ovvero quando venne approvato lo Statuto, chi invece, la fissa al 22 Dicembre 1888, giorno in cui si svolse la prima riunione (ed in effetti la scelta più giusta, secondo noi, è proprio questa). In Italia erano già presenti Fasci operai in diverse città (Bologna e Firenze), ma quello messinese, seppur di stampo anarco-operaista, segnò un punto di rottura, avvicinandosi al socialismo. Grazie al lavoro di Petrina, società operaie di conciapelli, meccanici, falegnami e cocchieri si unirono in un unico corpo (pur mantenendo una propria autonomia), quello appunto del Fascio dei Lavoratori. Tuttavia, la sua attività fu, almeno inizialmente, bassa. Petrina venne arrestato poco dopo la fondazione e dovette scontare 3 anni di prigione. Nato a Randazzo nel 1861, sin da giovane si interessò di politica. Abbracciò l’ideale anarchico ed operò, nella sua intensa attività sindacale, insieme a Giovanni Noè ed Amilcare Cipriani. Dopo aver preso la strada del socialismo, aderì al Partito dei Lavoratori Italiani facendosi eleggere Consigliere comunale e denunciando i continui abusi che i lavoratori erano costretti a subire e le illegalità continuamente perpetrate dai baroni. Entrò a far parte del Comitato Direttivo dei Fasci e sostenne la necessità di una unione con il Partito. La Messina operaia, intanto, si faceva sentire sempre di più e il socialismo coinvolgeva diverse categorie. Un socialismo tutto siciliano che, soprattutto nei centri rurali, più che di stampo marxista si ispirò ad un cristianesimo primitivo. La popolarità del Nostro cresceva e la repressione del movimento dei Fasci si avvicinava. Nel 1894, Nicola Petrina e Francesco Lo Sardo (altra figura di spicco del socialismo messinese) vennero arrestati insieme con gli altri componenti del Comitato Direttivo, subendo il processo da parte dei Tribunali Militari e venendo condannati a 12 anni. Nel 1895, però, grazie all’amnistia, uscì di prigione e riprese ciò che aveva lasciato ovvero, la lotta al fianco della classe lavoratrice. Nessuno però aveva previsto il terribile terremoto del 1908 che distrusse Messina e la vita di tanti cittadini tra cui quella del Nostro. La sua salma venne recuperata un anno dopo. Nicola Petrina rappresentò l’anima operaia del movimento dei Fasci. La sua capacità di coinvolgimento e la sua preparazione politica svegliarono la classe dei lavoratori messinesi, aprendo la strada per la loro emancipazione.
Con Nicola Petrina si conclude il lavoro sui protagonisti dei Fasci Siciliani dei lavoratori. Nel nostro piccolo, abbiamo cercato di omaggiare coloro il quale si sacrificarono per il bene del popolo. Noi li definiamo “protagonisti” in quanto figure principali, ma in realtà ad essere realmente protagonisti furono tutti quei lavoratori che decisero di rompere le catene dell’asservimento e di gridare in faccia ai loro padroni la parola LIBERTA’; molti di essi morirono, uccisi dalla repressione di un governo sordo alle loro richieste. I Fasci Siciliani dei lavoratori furono il primo vero movimento sindacale sorto in Italia.
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