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I padrini dell’automobile: Barsanti-Matteucci e il motore a scoppio

Di Giovanni Raimondo

L’ottocento è il secolo di alcuni dei più grandi balzi tecnologico dell’umanità tra i quali, certamente, un posto di rilievo è riservato al motore a scoppio precondizione fondamentale per lo sviluppo dei primi modelli sperimentali di automobile. Già nel ‘600 si erano avuti i primi studi sul motore a combustione interna cioè una macchina motrice alternativa endotermica, in grado dunque di convertire il calore generato  internamente dalla reazione di ossidazione di un combustibile in un moto alternativo dei pistoni e, quindi, in lavoro meccanico che, escludendo le perdite per la movimentazione degli organi ausiliari e i rendimenti meccanici lungo l’intera linea di trasmissione del moto, si rendesse utile all’avanzamento del veicolo. La svolta però si ebbe solo nell’ottocento per merito anche di due brillanti menti italiane: Niccolò Barsanti e Felice Matteucci.  Niccolò Barsanti nacque a Pitresanta ( Lucca) il 12 ottobre 1821. Accolto da giovanotto presso l’Ordine degli Scolopi ( fondato dal santo  spagnolo Giuseppe Casalanzio, ma questo primato se lo contende con il francese Giovanni Battista de la Salle), Barsanti si dimostrò molto versato per le materie scientifiche; decise così di proseguire gli studi, non senza una certa disapprovazione del padre, trasferendosi  in un’altra casa dell’ordine, “Il Pellegrino” sempre in Firenze. La predilezione per la tecnica non gli impedì di interessarsi anche di filosofia, letteratura e teologia. Nel 1838 iniziò il noviziato, conclusosi nel 1844 allorché prese il voti con il nome in “Eugenio Bersanti dell’Addolorata”. Il professore di Barsanti era padre Pompilio Tanzini, docente di geometria e di filosofia nonché collaboratore della  specola astronomica, dove Barsanti si recava spesso per conoscere e studiare  gli strumenti dell’astronomia, dell’ idraulica, della meteorologia e della sismologia. Nel 1841 su consiglio di padre Inghirami, cartografo, astronomo e geografo, Barsanti si recò a Volterra ad insegnare matematica, fisica e geometria oltre a fare il catechista in un collegio degli Scolopi ( dove si era formato anche Papa Pio IX oltre che eminenti scienziati come padre Francesco Michelini, amico di Galileo Galilei).  Qua nel 1843 iniziò a sviluppare alcune sue idee, dandone dimostrazione agli studenti:

“Era la primavera del 1843, il “maestrino”, come gli alunni lo chiamavano per la sua giovane età e per l’esile statura, entrò in classe con in mano un barattolo con un lungo collo, strumento che si era personalmente costruito per l’esperienza che doveva fare. Quello strumento riproduceva la pistola di Volta. Il maestrino spiegò agli allievi cosa intendeva fare, riempì il recipiente con idrogeno e aria, chiuse ermeticamente il collo con un tappo di sughero quindi agli estremi della sbarretta di ottone isolata e terminante con due sferette fece scoccare una scintilla elettrica e immediatamente uno scoppio fragoroso scaraventò il tappo contro la soffitta e fece rintronare l’aula. Agli alunni spaventati spiegò cosa era avvenuto: la scintilla elettrica aveva incendiato il miscuglio di gas il quale aumentando di volume aveva prodotto lo scoppio lanciando in aria il tappo. Questo esperimento fece balenare nella mente di Barsanti l’idea di utilizzare l’esplosione di un miscuglio gassoso come generatore di una forza da utilizzare in una macchina a moto continuo che risultasse più pratica della macchina a vapore” (dal sito della Fondazione Barsanti-Matteucci).

Questo esperimento dimostra come Barsanti fosse già a conoscenza del principio di equivalenza fra energia termica e meccanica, intuito da Carnot e dimostrato da Joule nel 1850. Nel 1845 , Barsanti venne ordinato sacerdote dal padre Tommaso Padula, fondatore e direttore dell’Istituto  per sordomuti di Siena, celebrando la prima messa nel duomo della città natale e dedicandosi all’insegnamento presso l’Osservatorio Ximeniano di Firenze (così chiamato perché fondato dal gesuita Leonardo Ximens). Nel 1849 divenne professore di meccanica alle Belle Arti e, continuando le sue ricerche ingegneristiche, nel 1851, su consiglio di padre Antonelli, conosce Felice Matteucci. Questi era un ingegnere già autore di alcuni saggi tecnici-scientifici, nonché docente di Fisica all’Università di Firenze  ed esperto tanto di meccanica quanto d’idraulica. Nel 1851 i due si mettono all’opera passando nottate tra calcoli ed esperimenti. Dopo due anni mettono su carta i primi risultati delle loro ricerche, depositandoli in un plico  presso l’Accademia dei Georgofili il 5 giugno 1853. Nel “ Rapporto  riguardanti alcuni nuovi esperimenti  dei signori E.Barsanti e F.Matteucci”, i due scienziati spiegano come fossero intenti a trovare il mezzo per ottenere  il miscuglio detonante più economico, nonché a cercare di trasformare il moto istantaneo prodotto dalla detonazione in moto regolare, successivo ed uniforme. Tra le pagine di questo “Rapporto” vi era la descrizione dettagliata di un dispositivo sperimentale. Tra le ragioni che spinsero Barsanti e Matteucci ad un cauto riservo vi era che l’Italia, non essendo unita, non disponeva di un Ufficio Brevetti Nazionale che permettesse loro di tutelare la paternità dell’invenzione. Comunque nell’autunno del 1853, presso la fonderia  fiorentina del “Pignone”  diretta da Pietro Benini (direttore e proprietario  dello stabilimento nonché amico di Barsanti), venne costruito il primo esemplare di un motore a scoppio. Il giorno della prima prova così lasciò scritto Barsanti:

“Esso agiva con sufficiente regolarità e costanza, comunicando il movimento ad una forbice e ad un trapano e così per la prima volta fu veduta una serie ininterrotta di esplosioni, rese quasi impercettibili all’udito, convertirsi in forza di indole affatto opposta e a produrre movimento”.

 Nel 1854 cercarono di  conseguire il brevetto in Inghilterra, rivolgendosi al console di Sassonia Haehner a Livorno per motivi commerciali. La certificazione n° 1072 venne rilasciata il 13 maggio 1854 e pubblicata sul Morning Journal  con il titolo “ Specification, of Eugenio Barsanti and Felix Matteucci, Obtaining Motive Power by the Explosion of Gases”. 

Ottenuto il brevetto, i due proseguirono gli sforzi. Nel maggio del 1856 nell’ Officine della Ferrovia Maria Antonietta, venne costruito un secondo prototipo di motore; si trattava stavolta di un motore bicilindrico a combustione interna di tipo gravio-atmosferico ad azione differita alla corsa di ritorno del pistone; l’alimentazione era ad idrogeno  ed aria ed era in grado di sprigionare una potenza di 8 cavalli (conferme al brevetto n° 1072) con un ciclo di funzionamento a tre tempi:  aspirazione, scoppio e scarico. Questo secondo prototipo venne  usato anche per verificare l’applicabilità pratica della scoperta al funzionamento di utensili come trapano e forbici. Barsanti definì questo secondo prototipo  una “ forza economica perfetta” che  avrebbe avuto, tra gli altri pregi, quelle di essere più sicuro delle macchine a vapore, esposte talora al rischio di esplosione delle caldaie. Da qui ottengono un secondo brevetto in Inghilterra, il n° 1655, dal titolo “Improved Apparatus For Obtaining Motive Power From Gases” del 12 giugno 1857. Questo brevetto presenta due novità:

  • Motore a stantuffi contrapposti
  • Motore senza stantuffo ausiliario

Barsanti e Matteucci per questo nuovo motore  si avvalsero delle competenze scientifiche dei padri Cecchi e Antonelli nonchè del meccanico Babacci di Forlì. Infatti grazie  a loro nel 1861, poterono dar vita al prototipo tecnicamente detto “a stantuffi contrapposti ad azione diretta”. Ma procediamo per gradi…

Nel 1857, dopo che i padri Cecchi e Antonelli avevano fornito gli esiti dei loro studi, Barsanti e Matteucci, rientrati da Torino dopo aver adempiuto alle pratiche burocratiche per il conseguimento del brevetto  presso lo Stato Piemontese,  poterono completare il progetto  di un motore  a cilindri contrapposti. L’invenzione ebbe subito l’attenzione della Compagnia di Navigazione Lariana di Como, che già intravedeva i vantaggi economici che sarebbero giunti dall’applicazione di quel motore ai propri piroscafi. La fonderia Calegeri, la migliore di tutta Livorno, costruì il motore ma non risultò soddisfacente neanche dopo le  modifiche effettuate; ci si affidò quindi alla fonderia Benini che costruì un motore dalla potenza di 8 cavalli con risultati ritenuti accettabili. Nello stesso anno i due scienziati ottengono in Francia il brevetto  n° 35009 con il titolo “”Nouveau moyen d’employer la détonation d’un mélange d’air atinosphérique et d’un gaz inflammable comme force mouvante”, poi altri brevetti sono conseguiti in Belgio e Austria. Questa fretta di conseguire il maggior numero di brevetti delle loro scoperte non è ingiustificata dato che nel 1859 un meccanico belga-francese annunciava l’invenzione di un nuovo motore a gas (con scarso rendimento termico) che altro non era se non la copia del motore descritto da Barsanti e Batteucci per ottenere il brevetto inglese del 1853. Comunque il 14 ottobre del 1859 Barsanti e Matteucci costituiscono la “Società Anonima del Nuovo Motore” che si sarebbe dovuta occupare della produzione e della vendita dei motori. Lo statuto della Società  fu approvato con rescritto del 19 ottobre 1860 da  Sua  altezza reale il principe di Carignano luogotenente del re Vittorio Emanuele II nelle Province Toscane. Nel 1860, perfezionando  il motore Barsanti-Matteucci, l’inventore francese Beau de Rochas ideò il ciclo a quatto tempi, .

Il 21  agosto 1861 Barsanti e Matteucci si recano a Zurigo  dalla ditta  Escher Wyss e Co per prendere accordi riguardo la costruzione di un motore di 12 cavalli conforme al brevetto inglese n°3270. Il motore costruito, completato in due mesi di lavoro, e   giunse a Firenze il 2 novembre del 1861  ottenendo grande successo, ma dimostrando ancora alcune lacune tecniche. Nel marzo del 1862 Matteucci si recò a Parigi per conto della Società del Nuovo Motore con lo scopo di rinnovare i brevetti scaduti e rivendicare la priorità dell’invenzione nei confronti del Motore ad azione diretta di Lenoir. Il 31 marzo dell’anno dopo venne depositato un secondo brevetto Francese, il n°53609, rilasciato soltanto a nome di Felice Matteucci dal titolo “Un systeme perfectionne de moteurs a air et a gaz”. IL 16 luglio 1862 il brevetto inglese venne registrato anche in Belgio con il n°12922 rilasciato a Barsanti, Matteucci e Babacci con la diciture “Brevet d’importation” e dal titolo “Nouveaux Systemes perfectionnes pour obteir une force motrice par la detonnation d’un melange d’air atmospherique et d’un gaz inflammable et par une antre composition detonnante quelconque”. Nel 1863 venne costruito presso un officina di Milano, detta anche “Elvetica”, un motore ad un solo cilindro  dalla potenza di 4 cavalli conforme al brevetto  1655 del 1857. Il successo fu così grande che arrivarono numerosissime ordinazione perfino dalla Croazia e da Costantinopoli. La Società del Nuovo Motore dette inizio alla costruzione su larga scala attirando l’inteesse della società di John Cockeril che chiama Barsanti a Seraing in Belgio. Qui però, mentre sta per assistere alla costruzione in serie del nuovo motore, lo scienziato muore improvvisamente di febbre tifoidea il 19  aprile del 1864, in Belgio, assistito dal locale sacerdote dei minatori italiani Don Giuseppe. Nel 1867, all’Esposizione Universale di Parigi, Otto e Laegen  presentano il loro motore, ottenendo la medaglia d’oro, che altro non è se non la copia abbastanza fedele del motore Barsanti-Matteucci. Matteucci non la prende benee protesta veemente a Parigi per difendere la priorità dell’invenzione, ma le sue rimostranze tuttavia non vennero ascoltate poiché l’invenzione di Otto e Langen venne giudicata diversa negli organi di distribuzione del gas e nel sistema di accensione a fiammella. Matteucci distrutto da un esaurimento nervoso, abbandonò così progressivamente lo studio dei motori per dedicarsi all’idraulica. Barsanti prima di partire per il Belgio, scrisse una lunga lettera al papa Pio IX, illustrandogli lo scopo del suo lavoro: inventare qualcosa di utile per il popolo, per aumentare la sicurezza, ridurre la fatica ed i costi, e dimostrare ancora una volta ai suoi “nemici”, come la Chiesa “promuova e coltivi i trovati della scienza e dell’industria”, quando essi non sono “ostacolo al congiungimento di quel bene che più all’uomo interessa, cioè la salute eterna”. Oggi Barsanti e Matteucci, scippati in vita, come l’italiano Antonio Meucci, della loro scoperta, sono universalmente riconosciuti come i padri del motore a combustione interna.

Bibliografia:

  • G.Folini, L’inventore del motore a scoppio – P. Eugenio Barsanti.
  • G. Alfani, Una grande invenzione italiana. Il motore a scoppio  Barsanti- Matteucci, 
  • E.Borchi e R. Macci, Evoluzione di un idea: il motore  Barsanti- Matteucci, 

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