Di Giovanni Raimondo
La mozzarella è uno dei prodotti più venduti nel mondo nonchè un prodotto di notevole qualità che chi lo assaggia, essa lascia estasiato , effetto che porta ad essere di buon umore. L’Italia si fa vanto di questo prodotto esportandolo in tutto il mondo. Non è facile risalire alle origini della mozzarella viste le tante tesi che ci sono. Si sa certamente che una prima mozzarella veniva già prodotta in epoca romana nel 60 d.C. ed era la provola( chiamata provatura), di cui ce ne dà testimonianza Plinio il Vecchio nel suo libro Naturalis Historie, paragrafo 241 del Libro XI: “Più abbondante per l’Appennino: questo manda il Cebano dalla Liguria prevalentemente di latte di pecore, il Sarsinate dall’Umbria e dal confine misto della Toscana e della Liguria il Lunigiano notevole per grandezza, poiché è compresso anche a mille libbre di peso ciascuno, ma il più vicino a Roma il Vestino e molto pregiato quello dalla campagna di Cedicio. C’è un suo apprezzamento anche per le greggi delle capre, soprattutto col fumo che aumenta la gradevolezza in quello fresco, da preferirsi a tutti, come si prepara nella stessa Roma; infatti il sapore (di quelli ) delle Gallie conserva un potere medicinale”. Plinio il Vecchio nomina il Campo di Cedicio, un’area tra Mondragone e Castel Volturno, dedita all’allevamento. Infatti come detto in precedenza i Romani producevano la provola, fatta con latte vaccino, e il cui procedimento consisteva nel cagliare il latte con le proteine dello stomaco di capra o di pecora. Dopo la caduta dell’Impero Romano e le successive invasioni barbariche giunsero in Italia anche i Longobardi i quali, nel 915 d.C., facendo parte della Lega Cristiana insieme con Bizantini e Stato Pontifico sotto la guida di papa Giovanni X, vinsero la battaglia del Garigliano contro i mussulmani Saraceni, provenienti dalla Sicilia, che avevano distrutto e depredato tanti monasteri benedettini imprigionando i monaci. Come bottino di guerra i Longobardi ricevettero il bovino asiatico Bubalus Bubalis (da cui nacque la mozzarella), razza bovina portata in Italia dai Saraceni. Secondo certi storici le prime notizie riguardanti l’esistenza della mozzarella di bufala, si hanno nel XI secolo: la regina Aloara aveva offerto ospitalità ai monaci benedettini nell’abbazia di San Lorenzo ad Septimun vicino a Aversa (Capua) e questi in cambio le avrebbero svelatoi segreti della mozzarella. La regina si fece così distributrice di mozze (antico nome della mozzarella) per dono votivo e ricompensa agli “Uomini di Dio”. Notizie certe però dell’esistenza della mozzarella di bufala , si hanno nel XII secolo, grazie ad un testo del monsignor Alicandri ” Il Mazzone nell’antichità e nei tempi presenti”: “una mozza o provatura con un pezzetto di pane era la prestazione che i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua davano in agnitionem dominii al Capitolo Metropolitano il quale ogni anno, per antica tradizione, nella quarta fiera delle legazioni, recavasi processionalmente in quella Chiesa”. La mozza era un’operazione di taglio netto eseguita con il sostegno del pollice e indice, per andare a mozzare la massa di pasta filata, così da creare la forma rotondeggiante da dare al formaggio. Dalla parola mozza, deriva dunque la parola mozzarella.
Sempre nel XII secolo, nell’archivio Episcopale di Capua, si attestano le diverse lavorazioni dei latticini di bufala, compresi quella della mozza. Si scoprì infatti che il latte di bufala, rispetto a quello di vaccino, tratteneva ben più alti valori di proteine, grassi e lattobacilli, elementi che favorivano maggiore consistenza e sapore, ma nonostante queste qualità era prodotta in ridottissime quantità, rispetto alla provola, poichè era deperibile vista la sua scarsa conservabilità. Quindi quando veniva prodotta era destinata solo a pochi fruitori e alle famiglie dei casari. Fin dal 1300 nei mercati di Capua, Aversa e di altri paesi campani, erano presenti in maggior quantità le provole e altri affumicati che detenevano una conservazione più lunga rispetto alla mozzarella, tant’è che Filippo II d’Angiò, imperatore di Costantinopoli, vedendo sempre i mercati affollati, concesse il vasto territorio di Arenarola per l’industria dei bufali. Nel 1481, il fiorentino Giovanni Paolo Rucellai, cita per la prima volta la parola “mozza”, e nel 1570 viene citata per la prima volta la parola mozzarella dal cuoco delle corti papali Bartolomeo Scappi che, nel suo libro di ricette, scrisse così: “Capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte…”.
Solo nel 1600 si incominciò a lavorare il latte di bufala nelle bufalare, laboratori circolari in muratura dotati di un camino centrale. La vera rivoluzione però si ebbe nel 1780, nella provincia napoletana Terra di Lavoro, precisamente a San Tammaro. Qui il Re di Napoli Ferdinando IV volle trasformare la Tenuta di Cardito in un laboratorio innovativo dedito alla coltivazione di legumi, cereali, foraggi, canape e lino, ampliando poi l’allevamento alle vacche ma sopratutto a bufale che dovevano produrre mozzarella. Nacque così la prima industria casearia cioè la “Reale Industria della Pagliata delle Bufale”. Ma non è finita qui. I Borboni di Napoli, detenevano un’altra tenuta, la “Tenuta di Persano”, situata nella Piana del Sele, dove amavano andare frequentemente. Più a sud, nella Piana di Paestum, le bufale erano utilizzate per pulire l’acqua, debellare la malaria ed evitare lo straripamento dei canali. Goethe, visitando il Regno di Napoli durante il suo viaggio in Italia, recatosi nel 1787 ad ammirare i templi di Paestum fece l’incontro con il bufalo, del quale nel suo celebre diario di viaggio scrisse: “La mattina dopo, per tempissimo, trattammo per vie impraticabili e qua e là paludose fino ai piedi di due belle montagne, attraversando canal ruscelli e incontrando bufali dall’aspetto di ippopotami e dagli occhi selvaggi e iniettati di sangue.” Non si sa se assaggiò lì la mozzarella di bufala, ma è certo che il grosso della produzione avveniva già nella provincia Terra di Lavoro. Infatti nel 1784, l’archivio della Reggia di Caserta ci fornisce un dato interessante nonché importante relativo alla quantità di produzione di mozzarella e provole di quell’anno: 30.840 chilogrammi, creati con l’impiego di 129.500 litri di latte bufalino. Le nascenti vie di comunicazioni, fecero si che la mozzarella raggiungesse le altre città del Regno di Napoli; allo stesso tempo vennero create nuove tecniche di conservazione (avvolgere le mozzarelle in anfore per non farne perdere la freschezza) che favorirono una commercializzazione del prodotto a più ampio raggio. Nel 1811 l’allevamento e la produzione crebbe in tutta l’Alta Terra di Lavoro, arrivando a contare 7.800 capi bufalini. Negli anni della fatidica Unità d’Italia l’industria meridionale si fermò poiché tutte le industrie vennero trasferite al Nord. Unica nota positiva di questo periodo fu la costruzione del mercato all’ingrosso, chiamato “La Taverna”, dedito alla vendita di mozzarelle e altri formaggi. Con la continua estensione della rete stradale e ferroviaria per tutta l’Italia, la mozzarella raggiunse anche territori fuori dall’ex Regno delle Due Sicilie. Nella prima metà del ‘900 però la produzione del prodotto si ridusse del 50%, questo per via delle bonifiche in epoca fasciste volute da Mussolini; comunque nel 1930, si accertarono 15.016 bufali , di cui 11.365 in Campania e il restante sparso tra il Lazio, Puglia e Basilicata. Dopo la fine della seconda guerra mondiale si attestò che di bufali ve ne erano circa 12.000, questa decrescita continuò negli anni fino ad arrivare al 1950 quando ve ne erano 8.000, cioè rischio estinzione. Questo per fortuna non avvenne visto che la tradizione era ben radicata e con gli anni della pace l’industria si riprese lentamente, ma il merito va anche alle bufale che si seppero ambientare nel nuovo habitat. La mozzarella è come detto all’inizio, uno dei prodotti italiani più esportati nel mondo e a cui sono dedicate poesie e scene di film, tra cui ricordiamo quella di Totò in”Miserie e Nobiltà”. La mozzarella è dal 1981 protetta dal Consorzio di Tutela della Mozzarella della Bufala Campana mentre nel 1996 la mozzarella è stata riconosciuta, su proposta della Regione Basilicata, come specialità tradizionale garantita. Ancora una volta da Napoli partono eccellenze come la mozzarella di bufala definita “oro bianco”.
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