Di Carlo Bonaccorso
“Le donne, sintomo molto serio, sono le più ardenti e i Fasci di contadine non si mostrano meno agguerriti di quelli degli uomini. In certi paesi l’entusiasmo per la sperata redenzione economica è giunto al punto da sostituire ogni altra fede; donne, che erano religiosissime, non credono più che ai Fasci.” Scriveva così Adolfo Rossi, giornalista de La Tribuna, nella sua inchiesta sui fasci siciliani dei lavoratori del 1893. E d’altronde, nel conoscere il fascio femminile di Piana dei Greci, non si poteva non rimanere stupiti dalla determinazione di quelle contadine e dalla loro organizzazione.
La partecipazione della componente femminile all’interno del movimento operaio e contadino siciliano sviluppatosi alla fine dell’Ottocento è sintomo di un profondo desiderio di cambiamento presente all’interno della società rurale isolana. Sin dai vespri, donne come Dina e Clarenza che guidarono la ribellione anti angioina a Messina, furono in prima linea nei tumulti e nelle ribellioni che caratterizzarono la storia della Sicilia, o come la palermitana Santa Diliberto Miloro che nel gennaio 1848 fu una delle prime a scendere in piazza, esortando i propri concittadini a fare altrettanto1; tuttavia, con i fasci il ribellismo spontaneo delle masse popolari venne sostituito da un’organizzazione che alla jacquerie priva di concretezza, preferì la lotta organizzata fatta di scioperi, supportata da rivendicazioni economiche e sociali frutto di un’ideologia, quella socialista che nell’isola stava diffondendosi a macchia d’olio tra i lavoratori e gli intellettuali. Le donne si dimostrarono attive su quei fronti di lotta, in nome di un socialismo dalle radici cristiane2. Filippo Turati, figura di massima importanza del socialismo italiano nonché uno dei fondatori del Partito dei lavoratori italiani, nell’accusare il governo di voler provocare disordini in Sicilia per screditare i fasci, così si espresse: “Con l’indole sulfurea di quelle popolazioni, e colla partecipazione delle donne al movimento – delle donne, la cui accensibilità insurrezionale è ben nota, e che abbandonano la Chiesa per i Fasci e vi spingono i mariti e i figliuoli – il governo, coi procedimenti del teppismo più svergognato, non è riuscito a suscitare neppure una parziale sommossa.”3
Già prima dei fasci, in Sicilia, per effetto della crisi agraria le condizioni della classe contadina erano tragicamente peggiorate4. Vi furono episodi nei quali le donne si schierarono in prima linea: nel maggio 1891 a Misterbianco, nel catanese, furono protagoniste dell’accesa protesta contro il focatico5; ancora prima a Corleone, nel 1884 un gruppo di donne protestò contro l’istituzione del dazio di consumo.6 Nella formazione dei fasci siciliani nelle zone rurali dell’isola, molte furono le realtà nelle quali le donne costituirono dei fasci femminili o delle sezioni interne al fascio: a Campofiorito si formò un fascio femminile composto da 214 donne; a San Giuseppe Jato vi era un fascio composto da 80 donne così come uno composto unicamente da fanciulli di età tra i 10 e i 13 anni; a Belmonte Mezzagno si formò un fascio femminile composto da 70 donne7; a Parco (oggi Altofonte) creazione della sezione femminile del fascio locale, così come a Sommatino, Bisacquino, Corleone8 e Chiusa Sclafani; sezione femminile anche a Marineo dove le donne guidarono una manifestazione contro la sovraimposta sui cereali.9 A Trappeto, nel palermitano, la propaganda socialista venne attuata dalla maestra elementare Argia Fossi, considerata elemento pericoloso dalle forze dell’ordine.10; ad Altavilla il sindaco fu costretto a ritirare il dazio sulla vendita del pane dopo una protesta portata avanti da un gruppo di donne del paese.11 Alle proteste che portarono alla strage di Caltavuturo del gennaio 1893 e ai tumulti di fine anno avvenuti in diversi centri rurali dell’isola, le donne parteciparono con fervore e rabbia, prodotti della miseria da loro vissuta.
La partecipazione e lo sviluppo dei fasci siciliani fu un processo messo in atto dai dirigenti dei fasci che incentivarono la partecipazione delle donne nelle attività di lotta e di studio portate avanti dal movimento operaio e contadino siciliano.12 In questo lavoro si andrà ad esaminare in particolare il fascio femminile di Piana dei Greci e la sezione femminile del fascio della borgata di Milocca13, due realtà a mio avviso che più di tutte espressero la voglia di riscatto e di emancipazione femminile all’interno del movimento dei Fasci siciliani dei lavoratori. A Piana dei Greci (oggi Piana degli Albanesi), il fascio nacque il 21 marzo 189314 per opera del medico Nicola Barbato15, componente del Comitato Centrale dei fasci16; la costituzione e lo scopo del fascio erano riportati nello statuto:
Art. 1. È costituito in Piana dei Greci il Fascio dei lavoratori Sezione di Palermo.
Art. 2. Il Fascio si compone di operai d’ogni arte e mestiere, di ambo i sessi e di ogni età, purché provino di vivere col frutto del proprio lavoro e alla dipendenza dei padroni capitalisti, ecc… Non è considerato operaio colui che ha sotto la sua dipendenza uno o più lavoranti.
Art. 3. Possono essere soci del Fascio gli agricoltori, i contadini e gli operai di ogni arte e mestiere, di ambo i sessi e di ogni età.
Art. 4. Il Fascio si propone il miglioramento materiale dei soci, assicurando a questi tutti quei vantaggi che solo può dare una forte e numerosa organizzazione. Il Fascio si propone di discutere gli interessi dei lavoratori e difenderli con quei mezzi che sono consentiti e permessi ad ogni popolo civile.
Art. 5. Il Fascio curerà anzitutto il miglioramento intellettuale e morale dei soci, coltivando le loro menti ed educando i loro cuori; cercando di metterli in grado di comprendere le savie riforme propugnate dalla scuola socialista, onde evitare false e pericolose interpretazioni che danneggiano, anziché migliorare, le condizioni dei lavoratori.
Art. 6. Il Fascio tende alla concordia e alla fratellanza tra i soci e consiglia a questi un regime di vita ispirato ai più alti sentimenti di giustizia, di moralità, di rettitudine e di onestà.
Art. 7. Consiglia ai soci di propugnare la fratellanza e la pace universale; impone l’ordine più perfetto e più scrupoloso per conseguire pacificamente la diffusione delle idee socialiste; rifugge dalle minacce e dalle inconsulte dimostrazioni di odio e di vendetta, e si prefigge di raggiungere i suoi ideali senza scosse e senza perturbazioni dell’ordine pubblico.
Art. 8. Il Fascio per tutto ciò che riguarda pubbliche manifestazioni politiche e sociali, indirizzo generale del partito Socialista si riserva sempre di prendere i dovuti accordi con la Sede Centrale del Partito Siciliano, al quale comunicherà tutti gli atti che ad essi si riferiranno.
Art. 9. Per ciò che riguarda l’indirizzo speciale del Fascio (lotta amministrative, manifestazioni locali, amministrazione interna, provvedimenti, misure di ordine, etc.) provvederà il Consiglio Direttivo, il quale interpellerà sempre l’assemblea dei soci.17
Il 16 aprile 1893 nacque il Fascio femminile composto inizialmente da duecento donne, ma che tre mesi dopo arrivò a contarne mille18; guidate da Maria Cusimano esse dimostrarono di avere chiari gli ideali che il fascio perseguiva, come Adolfo Rossi dimostrò intervistandole durante il suo viaggio in Sicilia:
-Cosa sperate dai Fasci?
La risposta arrivò da una giovane contadina sposata:
-Vogliamo che, come lavoriamo noi, lavorino tutti, e non vi siano più né ricchi né poveri. Che tutti abbiano del pane per sé e per i figli. Dobbiamo essere eguali. Io ho cinque bambini e una sola cameretta, dove siamo costretti a mangiare, a dormire, tutto, mentre tanti signori hanno dieci o dodici camere, dei palazzi interi.
-E così vorreste dividere le terre e le case?
-No, basta metterle in comune e distribuire con giustizia quello che rendono.
Nel chiedere quale era il rapporto con i preti la giovane donna rispose:
-Gesù era un vero socialista e voleva appunto quello che chiedono i Fasci, ma i preti non lo rappresentano bene, specialmente quando fanno gli usurai. Alla fondazione del Fascio i nostri preti erano contrari e al confessionale ci dicevano che i socialisti sono scomunicati. Ma noi abbiamo risposto che sbagliavano, e in giugno, per protestare contro la guerra ch’essi facevano al Fascio, nessuno di noi andò alla processione del Corpus Domini. Era la prima volta che avveniva un fatto simile.19
L’importanza del movimento dei fasci sta proprio qui: non vi era più una visione rassegnata della propria condizione, né l’intenzione di provocare una ribellione spontanea, una jacquerie violenta e priva di rivendicazioni concrete; nelle classi contadine si radicavano ideali d’emancipazione sociale da perseguire attraverso un’organizzazione ben strutturata che utilizza mezzi legali quali lo sciopero.
Piana dei Greci si dimostrò una realtà particolarmente attiva ancor prima della nascita dei fasci; diverse furono le manifestazioni e le proteste non solo contro le tasse ma anche contro i contratti angarici, esclusivamente stipulati verbalmente, che i contadini erano costretti ad accettare. Caratterizzata dal latifondo e, in misura minore, da coltura intensiva, il potere economico e politico era in mano a poche famiglie aristocratiche e borghesi che di fatto decidevano le sorti del paese. Le donne di Piana rappresentate dalla già citata Maria Cusimano20 ma anche da Antonina Matranga (fervente socialista) furono attive protagoniste di diverse proteste, tra cui quella del primo maggio 1893 nella quale tutti gli iscritti al fascio (quasi quattromila) si astennero dal lavoro, coinvolgendo gli altri paesi del circondario che ebbero in Piana il punto di riferimento nelle lotte.21 L’astensione dal lavoro continuò nei giorni successivi, coinvolgendo anche Corleone; si chiedevano contratti equi e salari più alti: “Da parecchi giorni, la maggior parte dei contadini di Piana, tuttoché priva del necessario, si astengono dal condurre i consueti lavori campestri, restando oziosi nelle vie e nelle pubbliche piazze. La maggior parte dei figli dei contadini non frequentano le scuole da qualche giorno, e quasi nessuno di essi presenta i propri bambini per l’innesto del vaccino, intendendo con tali manifestazioni di dimostrare la loro diffidenza o meglio il loro odio verso la classe civile. […] E poiché molti dei contadini, che non lavorano, difettano di altri mezzi per sopperire ai più urgenti bisogni della giornata, quelli meno bisognosi hanno raccolto oltre duemila lire per comperare, come hanno fatto, della farina da distribuire fra i primi.”22 Ancora, il Fascio femminile di Piana protestò energicamente per l’applicazione del cordone sanitario (che fu negato) contro il colera che nel 1893 colpì la città di Palermo; la protesta scoppiò dopo il trattamento riservato ad una contadina rinchiusa in quarantena in un fetido stallone dopo la morte del marito avvenuta proprio per il colera; inoltre, venne sospesa temporaneamente l’erogazione dell’acqua, ritenuta inquinata. La mattina di giorno 11 settembre le donne si recarono dal sindaco per chiedere la liberazione della vedova, invadendo il Municipio e tagliando il filo telegrafico necessario per i collegamenti con Palermo; la protesta che si concluse senza gravi incidenti ebbe però una forte risposta da parte delle autorità che il giorno dopo arrestarono 37 persone. Al processo del 23 novembre 1893, delle donne imputate (sette in tutto), solo Anna Pillitteri venne condannata a due mesi di carcere per violenza a pubblico ufficiale; il giorno successivo vennero accolte da più di duecento tra compagne e dai compagni del fascio, esprimendo solidarietà alla Pillitteri, da loro definita l’innocente condannata.23 Lo scioglimento dei fasci che comportò numerosi arresti e con tutta probabilità contribuì ad accrescere i numeri legati alla grande migrazione di fine secolo inizi del Novecento24, non impedì tuttavia alle donne di Piana di impegnarsi nelle battaglie degli anni successivi.
A Milocca25 il fascio locale si formò il 27 luglio 1893 durante una riunione a casa del contadino Luigi Schillaci, situata nella robba26 Valenti e da subito organizzò uno sciopero per rivendicare contratti agrari più equi e per chiedere la scissione dal comune di Sutera per la formazione di un comune autonomo. L’associazione agricola di mutuo soccorso presente nella borgata, denominata Quinzio Cincinnato e fondata nel marzo 1888, nonostante i buoni propositi iniziali di fatto fu un’organizzazione controllata da possidenti e poco incline ad ascoltare le richieste dei contadini. La formazione del fascio, quindi, in una zona dove le condizioni di vita erano leggermente migliori, fu una necessità per i lavoratori della terra che dalle terre espropriate alle organizzazioni religiose e dalla loro censuazione, ottennero poco o nulla.27 Quei pochi piccoli terreni dati a nullatenenti, inoltre, spesso venivano acquistati dai grossi proprietari dopo essere stati espropriati dai piccoli contadini che per inadempienze legate soprattutto all’impossibilità di pagare le tasse, venivano rivenduti a pochissimo prezzo. Il contadino andava così ad ingrossare le file del bracciantato, i grossi proprietari terrieri (siano essi aristocratici o borghesi) aumentavano il numero di terre in loro possesso.28 Basta andare a guardare i numeri per ben comprendere meglio la situazione: tra il 1883 e il 1893 nella provincia di Caltanissetta vennero espropriati 16.622 piccoli proprietari per inadempienze contrattuali.29 La divisione delle terre demaniali, quindi, non intaccò minimamente la grande proprietà. Il 1893 fu per i contadini di Milocca e per tutti i lavoratori della terra siciliani un anno terribile che per forza di cose li portò ad abbracciare quelle idee di rivalsa e di giustizia sociale portate avanti ormai da anni in Sicilia dalle organizzazioni socialiste: “La crisi agraria che scoppiò negli anni ’80 dell’Ottocento (1883-1895) e che raggiunse il suo apice nel 1892, portando alla caduta dei salari, l’aumenti dei fitti, recessione produttiva, aumento della disoccupazione, crollo dei prezzi agricoli, concorse a far accelerare un processo di risveglio che tuttavia era già in atto anni prima.”30 Nella zona centrale dell’isola, le figure che propagandarono tali idee furono principalmente quelle di Rinaldo Di Napoli, maestro elementare, Presidente del Fascio di Grotte31, Vincenzo Vella avvocato, Presidente del Fascio di Racalmuto e Agostino Lo Piano Pomar, avvocato, Presidente del Fascio di Caltanissetta, oltreché ci si avvaleva dell’importante aiuto del deputato Napoleone Colajanni, definito, almeno inizialmente, come il padre ideologico dei Fasci siciliani dei lavoratori. A Milocca, borgata attiva già durante le rivoluzioni del 1848 e del 1860, vi era inoltre la figura di Giuseppe Cannella, socialista ben voluto dalla popolazione delle robbe32; nominato Presidente del Fascio, guidò lo sciopero dell’agosto 1893 per ottenere terra e sementa alla liscia come si diceva in quella zona, ovvero la cancellazione di tutte le angherie presenti nei contratti agrari.33 Le donne di Milocca non stavano a guardare e partecipavano attivamente allo sciopero.
Per cercare di fare opera di mediazione tra contadini in sciopero e proprietari, seguendo la logica governativa giolittiana, venne inviato l’ispettore di P.S. Natale; la proposta di abbassamento del prezzo d’affitto di Lire 51 a salma da parte del proprietario Salvatore Noto, nonché Sindaco – Delegato della borgata, seguito dagli altri proprietari, non venne accettata dal fascio che reputava ancora troppo alto il prezzo. Nella sua lettera datata 18 settembre ed indirizzata al Prefetto di Caltanissetta, Noto vista l’ostinatezza di questi contadini, richiedeva opportuni pubblica.34 E di fatto, la repressione avvenne. Nonostante le continue provocazioni da parte dei proprietari, infatti, il Fascio si mantenne sempre nella legalità, scioperando ma evitando scontri. Fino all’ottobre del 1893 quando i danneggiamenti avvenuti nelle terre dei proprietari Noto e Cipolla, servirono come pretesto per colpire il movimento contadino. Riportiamo la relazione del capitano dei carabinieri di Caltanissetta inviata al prefetto, dopo aver preso conoscenza dei fatti tramite telegramma del comandante la sezione di Mussomeli: “Notte 25 al 26 (ottobre) commessi opera fascio danneggiamenti pregiudizio possidente Cipolla Girlando, stamane arrestati Cannella Giuseppe Presidente, Diliberto Giuseppe, Garrasi Antonio e Insalaco Calogero, consiglieri Fascio.”35
Siamo quindi al 27 ottobre, giorno in cui le donne del Fascio decisero di organizzarsi per protestare contro gli arresti arbitrari avvenuti nei confronti dei dirigenti del fascio locale, senza nessuna prova, come confermato dal delegato di P.S. Costanzo, inviato dal prefetto di Caltanissetta e che pochi giorni prima era arrivato a Milocca per accertarsi sui danni provocati nelle terre del Sindaco – Delegato Noto: “Reduce da Milocca duolmi dover significare alla S.V. Ill.ma come questa volta la mia missione colà sia riuscita infruttuosa. Detto villaggio può considerarsi tutto riunito nel fascio dei lavoratori, tranne cinque o sei famiglie, appartenenti al Consiglio Comunale e contro cui sono rivolte le ire dei fascisti. Si sa, si conosce, ognun lo dice che autori del danneggiamento in pregiudizio del Sig. Noto f.f. da Sindaco siano stati i fascisti, ma dove trovare le prove quando tutti fanno parte del fascio?” Inoltre, aggiunse: “Fra breve si costituirà il fascio delle donne, finora trattenuto dalla predicazione di quel Curato; ma oggi quelle donne preferiscono il fascio, abbandonando la chiesa.”36 Nel rivolgere le accuse, nonostante per sua stessa ammissione non vi furono prove, il delegato di P.S. espresse appieno l’intento provocatorio delle istituzioni che, di comune accordo con i proprietari, miravano a screditare il fascio dei lavoratori di Milocca. E nella parte dedicata alla creazione del fascio femminile, si ritrova ancora una volta la prova della volontà delle donne contadine di emanciparsi, come successo a Piana dei Greci.
Il 27 ottobre, dunque, il giorno dopo l’arresto dei dirigenti del fascio locale, le donne di Milocca decisero di protestare; in quel momento nella borgata vi era la presenza di soli sei Carabinieri di cui uno in malattia. Questo permise al gruppo di donne di agire con maggiore libertà37. Si decise infatti di mettere su una protesta davanti alla caserma dove erano rinchiusi i prigionieri, comandata dal vicebrigadiere Firminio Bulfoni che d’un tratto s’accorse della presenza di cinquecento donne che, accompagnate dal suono del tamburino di Vitellaro Calogera38, chiedevano la liberazione di Cannella, Diliberto, Garrasi e Insalaco al grido Pane e lavoro. Un altro gruppo, più piccolo, si era invece posizionato lungo la strada per Sutera così da impedire un eventuale trasferimento dei detenuti.39 Il vicebrigadiere, intanto, decise di inviare a Sutera un suo uomo per chiedere rinforzi; vedendolo passare, il gruppo stanziato lungo la strada percepì il pericolo e si diresse verso la casa del Sindaco – Delegato Noto per chiedere anche lui la liberazione di Cannella e compagni; ottenuto un biglietto diretto al comandante dei carabinieri nel quale si pregava di liberarli, le donne raggiunsero le altre davanti la caserma, agitando il biglietto rilasciato dal Noto; non ricevendo risposta, decisero d’entrare superando il carabiniere di guardia e dirigendosi verso l’interno della caserma. Il vicebrigadiere provò a fermare le donne; la breve colluttazione con una di loro fece partire inavvertitamente un colpo dal suo fucile che per fortuna andò a vuoto. Le urla e lo sparo udito allertarono le persone all’esterno e in poco tempo nella borgata si diffuse la voce di scontri alla caserma; numerosi uomini del fascio si diressero per capire cosa stesse succedendo ma nel frattempo le donne avevano già liberato i prigionieri, portandoli in trionfo al grido di Viva il socialismo!40 Dopo aver calmato gli animi, il Cannella si profuse in un discorso alla folla, invitando tutti a tornare a casa e a comportarsi da onesti cittadini, riconoscendo l’ingiustizia subita nell’arresto, ma condannando qualsiasi tipo di tumulti. Ma la reazione non si fece attendere. L’indomani arrivarono a Milocca venti carabinieri accompagnati da altra truppa, procedendo all’arresto di 22 donne e di tre uomini che vennero trasferiti prima al carcere di Mussomeli e successivamente a quello di Caltanissetta. Cannella e gli altri dirigenti del Fascio si diedero alla macchia, riconsegnandosi alle autorità pochi giorni dopo41;tutto ciò comportò lo scioglimento del fascio di Milocca che anticipò di pochi mesi quello regionale avvenuto con la proclamazione dello stato d’assedio in Sicilia il 4 gennaio 1894; nel marzo dello stesso anno, vi fu il processo alle donne arrestate presso il Tribunale penale di Caltanissetta, accusate di violenza e minacce a pubblici ufficiali mentre adempivano i doveri del proprio ufficio42. Per la maggior parte di loro vi fu la condanna a dieci mesi di carcere; ma, nonostante questo, a Milocca, il fascio lasciò un segno indelebile e inaugurò una lunga stagione di lotte sociali e l’aspirazione (poi raggiunta) dell’autonomia amministrativa.
Le donne e gli uomini di Sicilia che parteciparono attivamente alla nascita e allo sviluppo dei fasci siciliani, scossero le fondamenta di quel sistema che tra residui feudali e prime forme capitalistiche, teneva i contadini nella miseria più totale. Nonostante il movimento contadino e operaio siciliano si dimostrò compatto nelle rivendicazioni, rifiutando le manifestazioni incontrollate, alla fine del 1893 in Sicilia scoppiarono numerosi tumulti che il governo usò per giustificare lo stato d’assedio. Spinti dalla disperazione, ma anche da approfittatori che tanto avevano da guadagnare dal caos, le popolazioni di diversi comuni dell’isola si diedero a saccheggi, distruzioni di casotti daziari e di documenti municipali; il risultato fu una lunga sequela di morti e di forti repressioni che di fatto decretarono la fine del movimento dei fasci. Di questo parleremo nel prossimo lavoro.
Note:
1 Santi Correnti, Le donne e i Fasci siciliani, 1995
2 A Piana dei Greci, le donne del fascio spiegarono ad Adolfo Rossi quanto per loro la figura di Gesù rappresentasse il vero socialismo.
3 Turati 1893, I° ottobre, in F. Renda I Fasci siciliani 1892 – 94, Piccola Bibilioteca Einaudi, Torino, 1977
4 https://www.restorica.it/novecento/storia-dei-fasci-siciliani-dei-lavoratori-la-campagna-siciliana/
5 C. Ravera, Breve storia del movimento femminile in Italia, Editori Riuniti, 1978
6 J. Calapso, Donne ribelli. Un secolo di lotte femminili in Sicilia, Flaccovio editore, Palermo, 1980.
7 Guidate da Felicia Pizzo Di Lorenzo, si dimostrarono estremamente determinate nelle lotte.
8 Qui nel 1884 un gruppo di donne organizzò una forte protesta contro il dazio di consumo, coinvolgendo successivamente il resto della popolazione. Cronache di un secolo a cura di Piero Pirri Ardizzone. Collezione Giornale di Sicilia, 1860 – 1950 (5 luglio 1884).
9 S. F. Romano, Storia dei fasci siciliani, edizioni Laterza, Bari, 1959.
10 G. Casarrubea, I Fasci contadini e le origini delle sezioni socialiste della provincia di Palermo, Flaccovio editore, Palermo, 1978.
11 G. Casarrubea, op. cit.
12 Nell’inchiesta di Adolfo Rossi del 1893, vi sono riportare le parole di Verro che esprimono appieno l’importanza per i dirigenti dei fasci, delle donne nel movimento: Il nostro Fascio conta circa seimila soci fra maschi e femmine, ma oramai si può dire che, meno i signori, ne fa parte tutto il paese (Corleone), tant’è vero che non facciamo più distinzione fra soci e non soci. Fu fondato nel settembre dello scorso anno e le nostre donne hanno capito così bene i vantaggi dell’unione fra i poveri, che oramai insegnano il socialismo ai bambini.
13 Oggi Comune di Milena.
14 Il Generale di Pubblica Sicurezza Sensales, inviato nel 1893 in Sicilia da Giolitti, nella sua relazione definì il fascio di Piana dei Greci come “il più pericoloso”. Relazione Sensales in M. Ganci, I Fasci dei lavoratori, Salvatore Sciascia editore, Caltanissetta – Roma, 1977.
15 Barbato teneva in grande considerazione il ruolo delle donne nelle lotte sociali; la grande accoglienza che il fascio femminile riservò al presidente del fascio di Piana dopo la sua scarcerazione avvenuta nel giugno 1893, dopo un mese di carcere, dimostrò quanto fosse importante tale figura per quelle donne.
16 https://www.restorica.it/novecento/storia-dei-fasci-siciliani-dei-lavoratori-il-fascio-di-piana-dei-greci/
17 P. Manali (a cura di), N. Barbato, Scritti e Documenti, Vol. II Documenti, Salvatore Sciascia editore, Caltanissetta, 1995
18 ASP Pref. Gab.,16 aprile 1893, vol. 137; il Questore al Prefetto. All’interno dei locali, le fascianti collocarono una bandiera rossa con una scritta bianca cucita al centro: Fascio delle lavoratrici – Piana dei Greci.
19 Adolfo Rossi, L’agitazione in Sicilia. Inchiesta sui Fasci dei lavoratori, Max Kantorowicz, Milano, 1894. A Piana dei Greci il rapporto tra socialismo e cristianesimo fu molto forte; nel condannare il clero si voleva rafforzare l’idea che non i fasci ma i preti si erano allontanati da una religione che era invece la prima espressione delle idee socialiste. D’altronde, all’interno del socialismo italiano, figure come quelle di Prampolini o Morgani, si rifacevano al cristianesimo per diffondere il socialismo tra la gente; al materialismo marxista, si preferiva una religione laica fondata su un credo che al millenarismo cattolico sostituiva l’emancipazione sociale del lavoratore attraverso l’adesione alle idee socialiste. Se a Piana vi fu un allontanamento dal clero, nelle zone minerarie fu forte invece l’adesione alla Chiesa Valdese che dimostrò maggiore sensibilità e una forte attività organizzativa dei lavoratori. Il Fascio di Grotte, in tal senso, fu uno dei centri dove i valdesi ebbero numerosi seguaci. https://www.restorica.it/novecento/storia-dei-fasci-siciliani-dei-lavoratori-il-fascio-di-grotte/. A Catania, addirittura, il rito del segno della Croce veniva sostituito con le parole: Nel nome di Giuseppe De Felice vero capo della democrazia, della figliuola sua primogenita Marietta, e dello Spirito di libertà che essi hanno sempre desiderato, e così sia!
20 Durante la sua visita a Camporeale (a quei tempi parte della provincia trapanese), Giacomo Montalto Presidente del Fascio di Trapani, rivolgendosi alle donne ricordò loro l’esempio di Maria Cusimano e del fascio femminile di Piana dei Greci. Propaganda socialista, Il Fascio di Camporeale. La stessa Cusimano si distinse per il suo discorso al Congresso dei fasci di Palermo del 22 maggio 1893 nel quale si incentivavano tutti i fasci ad aprire sezioni femminili. Venne approvato all’unanimità il seguente ordine del giorno: Raccomandiamo a’ soci, in ispecie operai e contadini, l’iscrizione delle loro donne nei Fasci dei lavoratori. Rapporto del questore al prefetto, Palermo 22 maggio 1893, in ASP, Pref. Gab. (1861 – 1905), b. 130, cat. 16, fasc. 3.
21 https://www.restorica.it/novecento/storia-dei-fasci-siciliani-dei-lavoratori-il-fascio-di-piana-dei-greci/
22 Lettera del prefetto di Palermo al ministro dell’interno, in P. Manali, op. cit.
23 ASP, Prefettura – Gabinetto, vol. 137. Il Prefetto al Ministro dell’Interno.
24 Le migrazioni interessarono soprattutto le zone del latifondo, tra cui Piana dei Greci che tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, vide partire molti dei suoi abitanti. E. Burba, Da arbëreshë a italo-americani, Quaderni di Biblos, 2013, Palermo.
25 Borgata dipendente dal Comune di Sutera (Caltanissetta), diventò comune autonomo nel 1923 con Decreto regio del 30 dicembre, n.3032, unendosi con la borgata di San Biagio appartenente al Comune di Campofranco, mantenendo dapprima il nome Milocca fino al 1933 quando cambiò in Littoria Nissena (con deliberazione del 31 maggio 1933), e successivamente in Milena. A. Petix, Da Milocca a Milena, Cassa Rurale ed artigiana di Milena, 1984.
26 Robba era il termine con il quale si indicavano i piccoli quartieri della borgata; formati dalle prime famiglie che si stanziarono in quei luoghi dopo l’acquisizione di quei territori da parte dei monaci cassinesi del Monastero di San Martino delle Scale di Monreale che oltre a Milocca, ebbero in dono anche i feudi di Cimicia, Aquilia e Capraria, concessi in enfiteusi perpetua alle famiglie contadini stanziatesi in quelle zone. I monaci cassinesi mantennero la proprietà fino al 1866 anno delle leggi eversive (legge 7 luglio 1866) che comportarono la confisca dei beni di natura ecclesiastica. Ad autonomia ottenuta, le robbe diventarono villaggi.
27 Le quotizzazioni comunali favorirono i già agiati grossi proprietari terrieri, concedendo piccoli appezzamenti a contadini, ma di fatto impendendo, come nel resto dell’isola, lo sviluppo di una piccola proprietà, accrescendo invece lo strapotere dei gabellotti e delle borghesie municipali.
28 Le numerose tasse vessatorie cui erano obbligati i piccoli proprietari contadini impediva loro il mantenimento di quel pezzo di terra. Archivio Nisseno, Rassegna di storia, lettere, arte e società. Anno II, n.3, luglio – dicembre 2008.
29 G. Nesti, I Fasci siciliani, Perino, Roma, 1894
30 https://www.restorica.it/novecento/storia-dei-fasci-siciliani-dei-lavoratori-la-campagna-siciliana/
31 https://www.restorica.it/novecento/storia-dei-fasci-siciliani-dei-lavoratori-il-fascio-di-grotte/; Di Napoli contribuì anche alla formazione del Fascio di Sutera, il 20 agosto 1893.
32 Di anni 33, originario di Campofranco ma dimorante a Milocca, sposato con Maria Cipolla proprietaria di un piccolo negozio di merceria; socialista, da anni era impegnato nella diffusione di ideali socialisti e nell’organizzazione dei contadini della borgata. A. Vitellaro, La rivolta delle donne di Milocca, Società Nissena di Storia Patria, Caltanissetta, 2013
33 Lo sciopero che doveva durare fino al 31 agosto, venne prolungato ulteriormente.
34 A. Vitellaro, op. cit.
35 ASCL, Fondo Intendenza e Prefettura, b. Sutera.
36 ASCL, Fondo Intendenza e Prefettura, b. Sutera.
37 La capacità di organizzare in maniera così efficiente una protesta come quella messa in atto dalle donne di Milocca, come fa notare nel suo lavoro Antonio Vitellaro,in un contesto nel quale era difficile riunire in breve tempo tante persone (per la lontananza che vi era tra i villaggi), dimostrò quanto fosse importante per il fascio la presenza di un incaricato per ogni robba.
38 Chiamata la tammurina, era conosciuta proprio per la sua presenza negli scioperi. Per i fatti di Milocca venne arrestata e processata. A. Vitellaro, op. cit.
39 ASCL, Sentenza, Sez. Penale n.239 del 1° marzo 1894, Dichiarazione di Cirlingione Santa fu Vincenzo.
40 A. Petix, op. cit.
41 Su consiglio di Napoleone Colajanni, il Presidente del Fascio di Milocca Giuseppe Cannela e gli altri dirigenti si riconsegnarono di loro spontanea volontà alle forze di polizia.
42 A. Petix, op. cit.
Cosa ne pensi? Commenta!