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Jack lo squartatore – Alcune delle teorie più famose sull’identità del killer

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Se volessi discutere di ogni persona sospettata di essere stata Jack lo squartatore dovrei occupare lo stesso spazio usato per tutto ciò che ho scritto fino ad adesso. La lista infatti è infinita perché praticamente quasi chiunque si sia occupato della vicenda non ha resistito alla tentazione di avanzare una propria teoria sull’identità del killer. Da perfetti sconosciuti a figure di primo piano, perfino Lewis Carroll è finito in lista, sono stati indicati come possibili sospetti; alcune ipotesi hanno un loro perché mentre altre sono completamente campate in aria. Stranamente di solito quelle campate in sono anche quelle più spesso citate in trasmissioni televisive e film. Quello che ho deciso di fare è prendere quelle che sono le due ipotesi che hanno avuto maggiore diffusione e mostrarne la fallacità per poi fare una breve panoramica su tutti gli altri principali sospettati e concludere spiegando perché, come ripeto sin dall’inizio di quest’articolo, a mio pare questi siano degli sforzi assolutamente inutili.

  • La teoria del complotto reale – massonico. Dio questa è uno spettacolo! Una marea di aria fritta che non sta in piedi neanche con lo sputo, ma che allo stesso tempo è la teoria più nota e talmente diffusa da aver iniziato a guadagnare credibilità per il semplice fatto che tutti, almeno una volta l’hanno, sentita. Fondamentalmente si tratta di un’evoluzione della teoria del medico della regina e si è diffusa presso il grande pubblico grazie all’accoppiata del fumetto di Alan Moore “From Hell” e del film che ne è stato tratto. La favola racconta che il Principe Alberto Vittorio, nipote della regina Vittoria, fosse solito frequentare le prostitute e che o contrasse la sifilide a cause di queste frequentazioni oppure avesse sposato segretamente una prostituta cattolica, dalla quale sarebbe potuto nascere un possibile erede. A questo punto le teorie si biforcano tra chi ritiene che il killer sia stato lo stesso Principe, magari in collaborazione col suo insegnante privato (e presunto amante) James Stephen o con l’anziano medico della regina Sir William Gull, al fine di vendicarsi di coloro che l’avevano infettato con la sifilide; e chi invece indica nell’assassino sempre Sir William Gull che mise a tacere coloro che erano a conoscenza delle nozze segrete mutilando le vittime secondo un rituale massonico. Allora, provando a trattenere le risate, iniziamo a vedere perché tutto ciò fa più acqua del Titanic. Punto primo non esistono prove che il Principe Alberto Vittorio fosse malato di sifilide mentre esistono molte prove che questi, appassionato cacciatore, fosse in Scozia a sparare ai galli di montagna nei giorni degli omicidi di Polly Nichols e Annie Chapman, e a Norfolk ad abbattere fagiani quando morì Mary Kelly. Ancora dire che la probabile esperienza da cacciatore nello sventrare cervi abbia dato al Principe quelle conoscenze anatomiche di cui sembra fosse dotato il killer è un bel salto logico. Infine il tentativo di salvare in extremis la teoria del principe killer spostando il movente dalla sifilide a un presunto odio per le donne legato alla sua omosessualità cozza ancora una volta con l’assenza di prove certe riguardo alla suddetta omosessualità oltre che alla considerazione criminologica che, tendenzialmente, i serial killer omosessuali sono soliti cacciare all’interno del loro stesso ambiente. Passiamo al supposto matrimonio, pronti per l’elenco dei motivi per cui questa è una stupidata? Primo la supposta moglie non per niente cattolica come spesso si è raccontato, secondo in base al Royal Marriages Act del 1772 un matrimonio del genere sarebbe stato nullo ab origine, terzo non esiste nessuna prova che le cinque prostitute uccise si conoscessero, quarto questa teoria funziona solo assumendo per certe che non ci furono altre vittime né prima né dopo il periodo tra il 31 Agosto e il 9 Novembre e infine, anche se questa è un’argomentazione di carattere logico, davvero nella Londra del 1888 non c’era un altro modo per mettere a tacere o far scomparire cinque prostitute di Whitechapel diverso dal creare Jack lo squartatore?!?! Cioè questa gente non sapeva neanche dov’era di casa la discrezione! Diciamo però anche che il Dottor Gull fosse uscito di testa per fatti suoi e abbia ucciso per altri motivi; anche detta così, mi spiace, la teoria ha più contro che pro. L’abbiamo visto il killer doveva essere una persona dalla grande forza fisica per poter soffocare due delle vittime lasciando addirittura loro dei lividi; William Gull all’epoca dei delitti aveva settantadue anni e un anno prima aveva avuto un infarto e un’emorragia celebrale che lo avevano lasciato molto indebolito. Le sue condizioni erano così precarie che alla fine del 1888 ebbe anche un devastante ictus, da alcuni chiamato in causa come motivo della fine degli omicidi; davvero è credibile che una persona in queste condizioni di salute possa aver avuto la forza necessaria per sottomettere le vittime e la mano ferma per realizzare quelle mutilazioni in un tempo medio di 5-7 minuti? Proviamo anche a ignorare che Roy Hazelwood disse che Gull praticamente non aveva nulla in comune con il possibile profilo del killer, facciamo finta che tutte le descrizioni sull’aspetto del killer da parte dei testimoni siano errate e tiriamo fino in fondo la corda supponendo che il dottore avesse avuto un complice, sebbene nulla abbia mai indicato la presenza di due persona, resta però sempre un problema insormontabile: NON CI SONO LE PROVE! Tutti gli elementi “decisivi” che sono stati portati a supporto della teoria o si sono rivelati falsi oppure delle mere speculazioni per nulla conclusive. Non è un caso che la stragrande maggioranza dei veri esperti su Jack lo squartatore tratta la congiura reale e le teorie che vogliono colpevoli il Principe Alberto Vittorio o il Dottor Gull alla stregua di un racconto di Dan Brown. Comunque sbaglia chi pensa di derubricare l’intera vicenda a meri eccessi di teorici della cospirazione perché queste ipotesi sono state discusse e sostenute, seppur con diverse gradazioni di certezza, anche da studiosi seri ed affermati. Uno su tutti Giorgio Galli che, nel famoso “Hitler e il nazismo magico”, trattò in due pagine della teoria del complotto reale e della teoria dei delitti occultisti all’interno nella sua analisi dell’ambiente esoterico inglese di fine ottocento. Personalmente credo che le teorie cospiratorie di varia natura nascano dall’errore di considerare i delitti di Jack lo squartatore come fatti eccezionali; in realtà, come mostrerò nel prossima e finale sezione di questo articolo, il killer di Whitechapel non spicca in maniera particolare nell’oscuro universo degli assassini seriali. Questo errore di valutazione porta però alcuni studiosi, magari non esperti della vicenda, a sopravvalutare alcuni sentiti dire e collegamenti dubbi, ma famosi ed intriganti, ignorando però i molti elementi investigativi (come i vari spunti del precedente paragrafo) che resterebbero invasi accettando le ipotesi del complotto.
  • Patricia Cornwell e la colpevolezza di Walter Sickert. Nel 2002 la famosa scrittrice di gialli Patricia Cornwell pubblicò il suo “Ritratto di un assassino: Jack lo squartatore – Caso chiuso” in cui non solo offre la sua teoria sull’identità del killer, ma, con un po’ di presunzione secondo me, afferma di essere giunta alla soluzione definitiva del caso. Ho letto il libro e onestamente ne sono rimasto molto deluso; mi sembra che la Cornwell abbia approcciato la vicenda più da giallista che da ricercatrice incappando così nel più grave errore cui si possa incorrere quando si analizza un caso criminale: invertire l’ordine del ragionamento. A me pare infatti che invece di analizzare il fatti e verificare quale sospettato meglio si adatti loro, la Cornwell sia partita dal sospetto che lei riteneva colpevole cercando gli elementi che fossero a supporto della sua tesi finendo così per sovrastimarne alcuni e ignorarne altri. Se questo modo di ragionare va bene quando si scrive un giallo, in cui l’autore avendo già in mente un assassino deve adattare la trama perché questi sia colpevole, non va bene nel caso d’indagini reali dove non si può scegliere chi è il killer. La Cornwell ha indicato come Jack lo squartatore il pittore Walter Sickert fondando il grosso delle sue conclusioni sull’analisi delle presunte missive del killer. Infatti per la scrittrice americana non solo le tre lettere canoniche sono autentiche, ma buona parte degli oltre duemila messaggi inviati a firma dell’assassino sarebbero autentici. Come è giunta la Cornwell a questa conclusione? Un team di esperti forensi da lei assunto avrebbe trovato su molte delle lettere attribuite a Jack lo squartatore una sequenza di DNA mitocondriale (mtDNA d’ora in avanti) corrispondente a sequenze di mtDNA presenti nella corrispondenza di Sickert. Una prova decisiva? Detto semplicemente così può sembrare, ma in realtà scavando un po’ diviene evidente come questo ragionamento abbia non pochi punti deboli. In primis l’abbiamo già detto esistono numeri dubbi sull’autenticità delle lettere dell’assassino, anche sulle tre canoniche, dubbi che la Cornwell non riesce a superare con argomentazioni convincenti; ad esempio il fatto che le perizie grafologiche dicano che le lettere non sono scritte dalla medesima mano viene superato dalla giallista statunitense con la poco convincente affermazione che Sickert semplicemente falsificò di volta in volta la sua scrittura per non renderla riconoscibile, bene dove sono le prove di ciò? Inoltre già all’epoca dei delitti Scotland Yard dubitò dell’autenticità delle missive e, se ritenne di aver individuato in un giornalista l’autore della “Dear boss” e della “Saucy Jacky”, individuò con certezza in due donne (Maria Coroner e Miriam Howells) le autrici di alcuni di questi messaggi. La Cornwell poi fa molto affidamento sulla così detta lettera Openshaw, su cui sarebbe stato ritrovato uno dei più chiari esempi di mtDNA, ma questa lettera non è mai stata presa in seria considerazione dagli esperti in quanto non ha nulla che possa darle un certo crisma di autenticità: come in molte altre tutte le informazioni contenute erano di pubblico dominio per cui chiunque avrebbe potuto scriverla semplicemente dopo aver letto un giornale; inoltre questa lettera sarebbe genuina solo se lo fosse anche la “From hell” e ho già ampiamente mostrato le criticità di quella missiva. Anche la prova del mtDNA non è decisiva; il mtDNA è diverso infatti dal DNA nucleare, ciò quello che di solito viene primariamente testato nelle analisi, perché mentre il secondo è unico (cioè solo un individuo al mondo può avere quel DNA) quello mitocondriale, che deriva esclusivamente dalla madre ed è lo 0,0005% del genoma, può essere simile in più individui come il gruppo sanguineo. La stessa Cornwell ha dovuto ammettere che la medesima sequenza di mtDNA da lei trovata poteva appartenere  oltre che a Sickert all’1% della popolazione inglese (anche se alcuni esperti hanno parlato di una percentuale tra il 10 e lo 0,1%) il che vuol dire, contando che nel 1888 la popolazione di tutto il Regno Unito si aggirava sui quaranta milioni di individui, che almeno 400.000 persone potevano presentare la medesima sequenza di mtDNA! Inoltre, e questo è il problema più grave secondo me, non vi è la certezza che quel mtDNA sia di Sickert, ma solo di una persona che ha avuto modo di toccare la corrispondenza di Sickert e dello squartatore. Il corpo di Sickert venne infatti cremato e quindi non esiste un suo campione certo di DNA; senza contare poi che tanto le lettere di Sickert che quelle dello squartatore testate hanno più di un secolo e quindi sono passate per anni di mano in mano a familiari, archivisti, esperti ecc. ognuno dei quali può aver lasciato quelle tracce di mtDNA. Interrogati in merito ai risultati raggiunti dalla Cornwell esperi di DNA hanno detto che, più di una prova, il tutto può essere ascritto alla mera coincidenza. Venuta meno la prova del mtDNA anche gli altri elementi citati dalla Cornwell a supporto della sua tesi mostrano tutta la loro debolezza. La somiglianza di alcuni quadri di Sickert con le scene del crimine dello squartatore è un argomento alquanto soggettivo dato che, eccezion fatta per l’omicidio di Mary Kelly, non esistono foto delle suddette scene e la disposizione dei corpi può solo essere ricavata dalla lettura dei rapporti della polizia. L’affermazione poi che Sickert fosse impotente è stata ampiamente smentita dimostrando non solo che il pittore aveva una regolare vita sessuale, ma che anzi tradì ripetutamente la prima moglie con varie amanti (addirittura sembra siano stati identificati alcuni figli illegittimi). Infine varie prove sono emerse dopo la pubblicazione del libro della Cornwell che dimostrano che Sickert si trovava in Francia tra l’Agosto e l’Ottobre del 1888, cioè proprio in coincidenza dei delitti dello squartatore.

Mostrate le fallacità di queste che sono le due teorie probabilmente più conosciute presso il grande pubblico, passiamo adesso a una breve carrellata di alcuni dei sospetti generalmente più citati e studiati dagli esperti dello squartatore:

  • James Maybrik. Questo commerciante di lana di Liverpool non figurava tra i sospettati finché nel 1992 un disoccupato inglese non rese noto il così detto “Diario di Jack lo squartatore” nel quale, pur non essendo mai citato il nome dell’autore, alcuni ritengono di aver riconosciuto Maybrik stesso. Il movente sarebbe stato l’odio e la vendetta per i tradimenti ad opera della moglie che poi lo avrebbe avvelenato nel 1889 mettendo così fine ai delitti. Attorno a questo diario si è aperta una controversia che va avanti ancora tra chi è certo della sua autenticità e chi invece lo ritiene un falso. Colui che lo trovò prima affermò e poi smentì di esserne stato il vero autore, inoltre non fornì mai una spiegazione convincente di come il documento fosse giunto in suo possesso. La scienza non è riuscita a dare risposte convincenti perché se gli esami della carta fanno risalire l’oggetto all’età vittoriana, gli esami dell’inchiostro hanno prodotto pareri discordanti tra chi lo ritiene un inchiostro di fine ottocento e chi invece novecentesco. Molti esperti oggi ritengono il diario un falso degli anni venti, ma non è un giudizio condiviso da tutti e c’è ancora chi ne sostiene l’autenticità. Comunque affermare che il carta ed inchiostro siano autenticamente vittoriani non permette di affermare per certo che il diario sia autentico né che il suo autore sia Maybrik. Nel 1993 venne scoperto un orologio d’oro con inciso all’interno “J. Maybrik – I am Jack” il tutto seguito da quelle che sono state considerate le inziali delle cinque vittime canoniche. Ancora una volta la scienza non è riuscita a dare una risposta certa perché se ha affermato che, a meno di una grande e costa opera d’invecchiamento, l’incisione era sicuramente più antica di almeno dieci anni rispetto alla data della scoperta, altresì era impossibile determinare un periodo di tempo certo in cui tale incisione era stata fatta.
  • Aaron Kosminski. Ebreo polacco che lavorava come parrucchiere e viveva a Whitechapel; già all’epoca dei delitti era stato sospettato venendo indicato dal capo del Criminal Investigation Department Melville Macnaghten come uno dei tre possibili colpevoli. Notoriamente affetto da problemi mentali, probabilmente schizofrenia accompagnata da allucinazioni, e con un odio profondo verso le donne, Kosminski venne rinchiuso in manicomio nel 1891 uscendone solo cadavere nel 1919. A favore vi è che si avvicina molto al profilo dell’FBI e viveva vicinissimo a dove venne uccisa Martha Tabram, la supposta prima vittima. Alcuni investigatori dell’epoca affermarono anche che Kosminski fu visto in compagni di Liz Stride poco prima del delitto, ma tale asserzione contraddirebbe le testimonianze dell’agente Smith e di Israel Schwartz. Altri argomenti contro: Kosminski non parlava un buon inglese, avrebbe quindi potuto convincere le prostitute a seguirlo in luoghi appartati?, e resterebbe inspiegabile il rallentamento o la fine degli omicidi tra il Novembre 1888 e il 1891, quando infine venne internato in manicomio. Nel Settembre del 2014 un esperto di analisi del DNA, Jari Louhelainen, affermò di aver condotto, su mandato dello scrittore Russell Edwards, degli esami su uno scialle, che presumibilmente Katherine Eddows aveva indosso quando fu assassinato, trovandovi il DNA di Kosminski. Ovviamente pagine sui giornali in cui si affermava che il caso era definitivamente chiuso, ma in seguito si scoprì che l’asserzione era quanto mai ottimistica. Intanto molti esperti del caso affermarono che non vi è alcuna certezza che lo scialle in questione sia mai appartenuto alla quarta vittima dello squartatore; soprattutto però si appurò che quello che Louhelainen aveva trovato era mtDNA con quindi tutti gli stessi problemi già riscontrati all’epoca del libro della Cornwell. Mettendo infatti che lo scialle risaliva davvero al 1888, da allora ad oggi quanta gente poteva averlo toccato lasciandoci sopra il proprio DNA? Inoltre abbiamo già detto che il mtDNA non può indicare un singolo soggetto come fa invece quello nucleare e quello che era stato presentato come l’elemento decisivo, la presenza di un filamento di DNA raro, è emerso essere un errore di trascrizione in quanto il suddetto filamento in realtà è comune al 99% degli individui. Ad oggi Louhelainen ed Edwards non hanno permesso che il loro esami siano ripetuti da laboratori indipendenti e quindi, in assenza di questa controprova, il tutto rimane alquanto incerto. Ciò vuol dire che Aaron Kisminski è da escludere dai sospettati? No! Egli rimane un candidato credibile, semplicemente la presunta prova decisiva non si è rivelata tale.
  • Robert Donston Stephenson (a.k.a. Roslyn Donston). Giornalista e presunto cultore della magia nera (come dopotutto molti altri all’epoca) aveva studiato medicina e viveva a Whitechapel; inoltre aveva seguito da vicino le indagini sui delitti offrendo spesso la sua opinione, un comportamento non raro nei serial killer. I sostenitori della sua colpevolezza argomentano che i delitti sarebbero stati commessi come parti di riti satanici e ricordo ancora un documentario in cui uno di questi esperti armeggiava una cartina di Whitechapel tentando di dimostrare che la posizione dei delitti era finalizzata a creare strane figure geometriche come pentacoli e roba del genere. In realtà molti altri ricercatori hanno fatto osservare come nessun concreto collegamento tra Donston e i delitti dello squartatore è mai stato dimostrato e che, se la teoria dei rituali satanici è vera, non si spiega come mai l’assassino non abbia agito in una notte carica di significato come quella di Halloween. Sembra inoltre certo che Donston nel periodo degli omicidi fosse ricoverato all’London Hospital e non avesse possibilità di sgattaiolare fuori senza essere notato.
  • Francis Tumblety. Un dottore americano-irlandese che sarebbe stato indicato da un ispettore di Scotland Yard come sospetto in una lettera del 1913. Il movente sarebbe stato un profondo odio per le donne legato alla sua omosessualità. A favore è certo che Tumblety ebbe problemi con la polizia su entrambe le sponde dell’Atlantico (fu sospettato anche per l’attentato a Lincoln) e venne arrestato da Scotland Yard il 7 Novembre 1888 lasciando l’Inghilterra poco dopo (spiegando in tal modo l’improvvisa fine dei delitti). Contro anche qui mancano saldi e certi legami con i delitti e, come abbiamo già detto, tendenzialmente i serial killer omosessuali prediligono come campo d’azione la loro stessa comunità piuttosto che le donne. Anche questa teoria poi funziona solo ammettendo vittime sino al Novembre 1888 e non successive a questa data. Inoltre vi sono molti dubbi che Tumblety sia mai stato considerato un forte sospettato da Scotland Yard all’epoca dei delitti.
    Jacob Levy e in generale la teoria del malato di sifilide. Secondo alcuni il movente dello squartatore sarebbe stata la vendetta per il fatto di essere stato contagiato dalla sifilide da una prostituta. Alcuni autori hanno ipotizzato che le mutilazioni al volto di Kathrine Eddows servissero a farla assomigliare a un bambino che aveva contratto la sifilide durante la gravidanza, ma non vi sono elementi per sostenere tale tesi. In particolare Jacob Levy è stato chiamato in causa perché, oltre ad essere un malato di sifilide, viveva proprio nella zona dei delitti, ad Aldgate e non lontano da Mitre Square, e di professione era macellaio. Altro però non è mai emerso e rimane il mistero del perché si sarebbe improvvisamente fermato o avesse rallentato il ritmo dei delitti dopo il Novembre 1888.
  • John Druitt Montague. Avvocato di Londra e altro sospetto della lista di Macnaghten (anzi il primo della lista). Il suo corpo, in avanzato stato di decomposizione, venne ripescato dal Tamigi il primo dicembre 1888; stando a Macnaghten la stessa famiglia di Montague lo sospettava di essere il killer. Macnaghten però non ha lasciato nessun elemento che ci permetta di capire il perché lo considerasse così sospetto e alcuni autori hanno anche messo in dubbio che l’ispettore di Scotland Yard abbia mai avuto più di un istinto contro Montague. Infatti Macnaghten identifica nei suoi appunti Montague come un medico di quarantuno anni quando invece questi ne aveva trentuno all’epoca dei delitti e non era un medico. Ancora la teoria funziona solo supponendo che i delitti si siano fermati dopo quello di Mary Kelly e non ci sono prove che il suicidio di Montague sia legato alla vicenda dello squartatore. Nel biglietto d’addio che lasciò non fece alcun riferimento ai delitti ed è probabile che a spingerlo a uccidersi sia stato il trauma di essere stato licenziato dal suo incarico di assistente preside o per la sua omosessualità o per il fatto che madre e sorella soffrissero di problemi mentali. Infine è accertato che Montague, il giorno dopo il delitto di Polly Nichols, si trovasse nel Dorset a giocare a cricket e inoltre viveva molto lontano dall’area dei delitti, precisamente nel Kent, il che farebbe saltare tutti i ragionamenti legati all’ipotesi che il killer vivesse a o vicino Whitechapel. L’ispettore Abberline, il super-poliziotto assegnato al caso dello squartatore, disse sempre che non c’era alcuna prova contro Montague e che era ridicolo sospettare di un uomo solo perché questi era morto nello stesso periodo in cui i delitti si era apparentemente fermati.

Potrei andare avanti citando molti altri nomi, ma appesantirei solo la narrazione per cui mi limiterò adesso a spiegare perché, all’inizio di quest’articolo, affermai che secondo me è impossibile ad oggi scoprire l’identità del killer. Come abbiamo visto molti ricercatori si sono concentrati sulla possibilità di quello che io chiamo il “colpevole noto”, cioè una persona che abbia lasciato un’ampia quantità d’informazioni dietro di sé cui attingere per un’indagine nonostante i molti anni passati dai fatti (Gull, il principe Alberto Vittorio o Sickert). Anche chi si è concentrato su individui meno “storici” comunque si è rivolto a soggetti di cui vi siano concrete tracce riferibili come rapporti di polizia, note d’internamento in manicomi, DNA o altro. Appunto questo secondo me è il problema cioè il non ammettere l’ipotesi che Jack lo squartatore sia stato un qualsiasi John Doe (o Mario Rossi per dirla in italiano) di Whitechapel di cui l’unica traccia rimasta non possa essere altro che un certificato di nascita e uno di morte. Le ipotesi più concrete avanzate sono tutte interessanti sotto certi punti di vista, alcune anche convincenti, ma manca sempre una pistola fumante ossia una prova che ci permetta di dire con una sufficiente certezza “Ecco è stato lui!”. Ogni volta che si è creduto di aver trovato la suddetta prova questa in un secondo momento ha finito inevitabilmente per essere contestata e perdere di solidità. Purtroppo molti ricercatori hanno sviluppato uno spirito da missione e, forse stregati dall’idea di essere colui che risolverà il grande enigma, hanno finito per entrare in una logica fideistica credendo nel loro sospetto quasi per una sorta di rivelazione divina. Lo ripeto secondo me pensare che il killer abbia lasciato una chiara traccia del suo passaggio che ci permetta di identificarlo con certezza dopo più di un secolo è illusorio; certo potrei sbagliarmi e magari domani stesso avremo la verità, ma visti i precedenti mi permetto di dubitare. Va detto che questa idea della traccia certa ha contagiato anche noi italiani ad esempio per la vicenda del mostro di Firenze, dove chi dubita della colpevolezza di Pacciani è sicuro che da qualche parte vi sia una prova schiacciante sul vero killer, mentre gli americani, forse perché più abituati al fenomeno degli assassini seriali, tendono ad essere più disillusi e, ad esempio, col passare degli anni si fanno sempre meno illusioni sulla possibilità di scoprire l’identità di Zodiac.

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