Durante e dopo i mesi degli omicidi migliaia di messaggi, stime recenti hanno parlato di quasi 2000, giunsero a polizia, giornali e privati cittadini da mittenti anonimi che si dichiaravano essere l’assassino di Whitechapel. Sicuramente quella delle lettere è una delle componenti che più a contribuito alla fama del caso di Jack lo squartatore, ma è altresì uno degli elementi più dibattuti tra gli esperti della materia. Fondamentalmente gli orientamenti sono tre: uno molto minoritario che ritiene tutte o la maggior parte delle missive come autentiche, uno mediano che ritiene autentiche solo le così dette tre canoniche e uno maggioritario che nega l’autenticità di tutte le missive di Jack lo squartatore. Sebbene in film e romanzi sia piuttosto comune trovare il serial killer che comunica, in realtà questo è un fenomeno non molto comune perché facendo così il killer dichiara la sua esistenza perdendo quindi un possibile vantaggio sulle forze dell’ordine che magari non si sono avvedute della sua esistenza. Escluso Jack lo squartatore i più famosi casi di killer che abbiano inviato dei messaggi sono David Berkowitz (Il figlio di Sam), che tra il 1976 e il 1977 per tredici mesi tenne in scacco New York uccidendo sei persone e ferendone sette, il quale indirizzò sconclusionati messaggi a polizia e a un giornalista tentando di spiegare la ragione delle sue azioni e il killer dello Zodiaco che tra gli anni ’60 e ’70 uccise un numero imprecisato di vittime nel sud della California (cinque accertate, ma fino a 28 presunte) inviando una serie di lettere, di cui quattro cifrate, in cui minacciava ulteriori omicidi. John Douglas spiega che i serial killer tendono a scrivere principalmente per un motivo: dimostrare la propria superiorità facendosi beffe delle forze dell’ordine e gratificando il proprio desiderio di essere al centro dell’attenzione . Da questo punto di vista le lettere di Jack corrispondono allo schema in quanto, nella maggior parte, hanno un tono di sfida e scherniscono le varie teorie avanzate sulla sua identità. Di solito però questi serial killer che inviano lettere hanno un ego molto forte, vogliono che si parli di loro, ed è per questo che tanto Douglas che Hazelwood, allorché stilarono il loro profilo sul killer, esclusero che i messaggi fossero opera di Jack. Nello specifico affermarono che tendenzialmente i killer pervertiti come quello di Whitechapel non comunicano perché gli manca la sicurezza per assumersi il rischio di sfidare la polizia; preferiscono non farsi notare e restare nell’ombra nel timore di poter essere scoperti ed è per questo che entrambi i profiler dell’FBI supposero che mitomani o persone molto più intelligenti del killer tentarono di farsi passare per lui. Anche la scienza si è pronunciata contro la veridicità delle lettere in quanto, sempre in occasione del centenario dei delitti, il laboratorio scientifico di Scotland Yard rianalizzò tutte le missive ancora in possesso della polizia, delle tre canoniche in originale era rimasta solo la prima, e determinò che da un punto di vista grafologico non erano attribuibili a un’unica mano. Come vedremo in seguito, quando parlerò delle teorie più famose, a sostegno della tesi che invece la maggior parte delle lettere sarebbe autentica si è schierata la famosa scrittrice di gialli Patrica Cornwell nel suo “Ritratto di un assassino”. Personalmente dopo aver studiato a fondo la vicenda mi sono da tempo convinto che nessuna delle lettere sia autentica. Mantenendo però una mente aperta focalizziamo la nostra attenzione sulle tre lettere canoniche e vediamo i pro e i contro in merito alla loro veridicità; tenendo conto che, generalmente, sono due i modi per attribire con un certo grado di certezza una missiva a un serial killer: che sia stata lasciata nei pressi di una scena del delitto (es. il primo messaggio del figlio di Sam) oppure che contenga informazioni di cui solo l’assassino possa essere a conoscenza (es. alcune delle lettere del killer dello Zodiaco che contenevano dettagli sugli omicidi mai rilevati alla stampa o oggetti personali delle vittime).
- La prima lettera è la così detta “Dear boss” e venne recapitata il 28 Settembre (con intestazione del 25) alla Central News Agency di Londra. Scritta con inchiostro rosso diceva “Caro Direttore, continuo a sentir dire che la polizia mi ha catturato ma non ha ancora fatto i conti con me. Ho riso assai quando si mostrano così abili e dicono di essere sulla pista giusta. Quella storiella sul Grembiule di Cuoio mi ha veramente divertito. Mi sono fissato con le puttane e non smetterò di squartarle fino a quando non mi inchiodano. L’ultima volta è stato proprio un magnifico lavoro.
Non ho dato alla signora il tempo di strillare. Come possono prendermi ora. Mi piace quello che faccio e voglio ricominciare di nuovo. Presto sentirete ancora parlare di me e dei miei divertenti giochetti. Ho conservato un po’ della genuina sostanza rossa in una bottiglia di birra dall’ultimo lavoro per scriverci ma è diventata spessa come colla e non posso usarla. L’inchiostro rosso va bene lo stesso spero ah. ah. Il prossimo lavoro che faccio strapperò le orecchie della signora e le manderò ai poliziotti giusto per divertirvi un po’, non vorreste? Tenete questa lettera per voi finché non avrò fatto un altro po’ di lavoro, poi fatela uscire. Il mio coltello è così bello e affilato che mi viene voglia di rimettermi al lavoro subito se ne ho la possibilità. Buona fortuna. Sinceramente vostro Jack lo Squartatore – Non vi dispiace se mi sono dato un nome d’arte- PS Non era bello mandarvi questa lettera prima di togliermi tutto quell’inchiostro rosso dalle mani maledizione. Adesso dicono che sono un dottore. ah ah.”. Come vedete si tratta di un messaggio dal tono molto provocatorio, ma che, leggendolo attentamente, di fatto non dice nulla! Tutte le informazioni che vi sono all’interno o erano conosciute a chiunque avesse letto un giornale (grembiule di cuoio, il dottore) oppure sono indimostrabili se autentiche o frutto di una mente fantasiosa (il sangue raggrumato o che l’ultima vittima non aveva avuto il tempo di strillare). L’unico elemento che potrebbe confermare la veridicità della lettera, e che ne determinò in seguito l’attendibilità, era la promessa di tagliare le orecchie alla successiva vittima; ma come si ricorderà alla Eddows l’orecchio destro presentava solo incisione (alcuni autori parlano di un tentativo di estirpazione) mentre altre parti del viso (naso, palpebre e guance) erano state asportate. Se le orecchie erano così importanti tanto da promettere di inviarle per posta perché non rimuoverle? L’elemento però che più salta all’occhio della lettera è il nome con cui il killer si auto-battezzò, Jack lo squartatore, molto evocativo e di sicuro impatto; anche però quantomeno sospetto perché curiosamente molto simile a quello di una leggenda metropolitana all’epoca molto in voga: spring-heeled Jack (Jack il saltatore o Jack dai tacchi a molla). Questi era una creatura umanoide metà uomo e metà diavolo, vestita con abiti neri, elmetto, artigli alle mani e che era in grado di compiere incredibili balzi. Dal 1837 fino agli inizi del novecento ci furono centinaia di attacchi non confermati da parte di questa creatura ad ignari passanti nelle notti londinesi; spring-heeled Jack divenne così famoso da diventare protagonista di vari Penny dreadful cioè quei racconti brevi del macabro, che mischiavano leggende metropolitane con la cronaca nera, di gran moda nella società vittoriana per il loro basso costo (appunto un penny). La somiglianza spring-heeled Jack – Jack the Ripper ha spinto alcuni autori ad ipotizzare che il nome del serial killer sia d’origine giornalistica cioè sia stato qualche giornalista, o magari proprio un autore di Penny dreadful, a scrivere quella lettera così evocativa per alimentare il mito del killer di Whitechapel che sì faceva paura, ma faceva anche vendere i giornali. Dopotutto è molto raro che un serial killer si dia un nome d’arte; nella maggior parte dei casi i nomi più evocativi (mostro di Firenze, macellaio di Kingsbury Run o Nightstalker) sono creati dai giornali mentre per trovare dei killer che si sono loro stessi dati un nome dobbiamo ancora una volta tornare al Figlio di Sam o Zodiac.
- La seconda lettera, detta “Saucy Jacky”, giunse il primo Settembre ancora una volta alla Central News Agency; ecco il testo: “Non stavo scherzando caro vecchio Direttore quando vi ho dato la dritta. Sentirete parlare del lavoro dell’audace Jacky. Colpo doppio questa volta. La numero uno ha strillato un po’ non ho potuto finire per bene. Non ho avuto il tempo di strappare le orecchie per la polizia grazie per aver tenuto l’ultima lettera per voi finché non fossi tornato al lavoro. – Jack lo Squartatore”. Questa è generalmente la lettera meno famosa, ma il realtà potrebbe essere la più importante perché in base ad essa si potrebbe affermare o meno la veridicità della “Dear boss” e la loro appartenenza alla mano del killer. Come stile e grafia la lettera è molto simile alla “Dear boss” e i grafologi (tenendo conto che di questa esistono solo copie) si sono divisi tra chi ha detto essere la stessa scrittura della prima lettera e chi invece l’ha definita “somigliante, ma non identica”.
L’appartenenza ad un unico autore tanto della “Dear Boss” che della “Saucy Jacky” non vuol dire automaticamente che questo autore fosse il killer; può benissimo essere che il falsario della prima abbia scritto, dopo i delitti del 30 Settembre, anche la seconda lettera. Questa era la tesi di Scotland Yard che ritenne di aver anche individuato il giornalista responsabile dei falsi sebbene poi non sembra aver dato seguito alla cosa (alcuni esperti ritengo che il giornalista sospettato fosse tale Thomas Bulling, ma è controverso). I sostenitori dell’autenticità della lettera fanno riferimento ai dettagli in essa contenuti: il fatto di non essere riuscito a tagliare le orecchie come promesso e il riferimento a un “doppio colpo” tutti dettagli che la polizia non aveva ancora divulgato al momento in cui era stata spedita la lettera. Questa conclusione però è stata contestata sia perché il timbro d’annullamento postale venne posto ben oltre le 24 ore successive ai delitti sia perché, se davvero prendiamo per buona l’ipotesi che l’autore fosse un giornalista, non è difficile credere che questi avesse degli informatori a Whitechapel in grado di fornirgli i dettagli essenziali degli omicidi. In effetti eccezion fatta per i due dettagli prima citati, la lettera non scende molto nei particolari, ad esempio non cita le altre mutilazioni della Eddows, e soprattutto afferma di non essere riuscito a “lavorare ” su Liz Stride perché questa aveva urlato quando invece sembra certo che ad interrompere l’assassino fu l’ingresso di un carretto a cavallo nel cortile (è improbabile che la Stride possa aver urlato visto il taglio netto della giugulare con un solo colpo).
- La terza lettera è sicuramente la più inquietante e suggestiva e venne inviata il 16 Ottobre a George Lusk, capo del neocostituito Whitechapel Vigilance Committee (una sorta di ronda di quartiere volontaria creata per tentare di fermare gli omicidi). La lettera era all’interno di un piccolo pacchetto di carta insieme a un frammento di rene conservato nel vino. Ecco il testo del messaggio: “Dall’Inferno – Signor Lusk vi mando metà del rene che ho prelevato da una donna, l’ho conservato per voi. L’altro pezzo l’ho fritto e mangiato era molto buono e posso mandarvi il coltello insanguinato con cui l’ho tagliato se aspettate un po’ – (firmato) prendetemi se ci riuscite signor Lusk.”. Davvero molto suggestivo come messaggio sia ancora per il tono di sfida sia per l’aperto riferimento ad uno dei più grandi tabù del genere umano: il cannibalismo. Nonostante ciò questa è sicuramente la lettera, tra le tre canoniche, generalmente considerata la mano affidabile. La scrittura infatti è completamente diversa rispetto tanto alla “Dear boss” che alla “Saucy Jacky” e, ancora una volta, il killer o fornisce informazioni che erano già di dominio pubblico, l’asportazione
di un rene alla Eddows, oppure cita fatti non dimostrabili come che avrebbe mangiato l’altra parte dell’organo. In base a ciò l’unico modo per stabilire con certezza l’autenticità del messaggio era ovviamente provare che il frammento di rene inviato appartenesse a Catherine Eddows. Un esame del genere però, in un’epoca in cui non esisteva ancora né l’analisi del gruppo sanguigno né quella del DNA, poteva avvenire solo confrontando il frammento con il rene rimasto nel corpo della vittima. Il dottor Openshaw del London Hospital Museum disse che era il rene di una donna di quarantacinque anni alcolizzata, rimosso da almeno tre settimane, che presentava i sintomi della malattia di Bright come l’altro della Eddows e che i tre cm di arteria renale si legavano con i cinque del rene rimasto (un’arteria renale misura mediamente otto cm). Al contrario il dottor Saunders (Medical Officer and Public Analyst della Citta di Londra) contestò in toto queste conclusioni affermando che il rene rimasto alla Eddows era perfettamente sano e non presentava nessuna delle patologie del frammento inviato a Lusk; mentre il dottor Brown, che eseguì l’autopsia della Eddows, mise in dubbio la datazione di tre settimane perché, nonostante la preservazione in vino, l’assenza di decomposizione non era compatibile con il tempo trascorso dal delitto. Il frammento di rene ovviamente non è giunto sino a noi, ma la medicina moderna ha rianalizzato le conclusioni di Openshaw e di altri medici vittoriani mettendo in luce molti errori: 1) nel 1888 non esistevano analisi scientifiche certe che potessero stabilire se un rene fosse o meno umano o se fosse o meno di una donna (a parte alcune conclusioni visive come il fatto che il rene femminile è mediamente più piccolo di quello maschile) 2) determinare ad occhio da un frammento di rene l’età di una persona è quasi impossibile anche a un medico moderno 3) se davvero il rene fosse stato preservato tutto il tempo ciò renderebbe molto più difficile determinare il periodo trascorso dall’estrazione dell’organo 4) oggi sappiamo che l’alcool non danneggia i reni e quindi una loro analisi non permette di determinare l’alcolismo di un soggetto. In base a ciò l’ipotesi avanzata già all’epoca dei delitti che il rene di Lusk fosse stato inviato per scherzo da alcuni studenti di medicina acquista molta forza.
Nel tema dei messaggi possibilmente lasciati da Jack lo squartatore deve entrare anche il graffito di Goulston Street, ricordate “Gli ebrei non sono uomini che saranno incolpati per niente.”, scoperto alle 2:55 del 30 Settembre durante le ricerche successive al ritrovamento del cadavere di Catherine Eddows. L’importanza di questo messaggio deriva dal fatto che proprio sotto questo graffito c’era un frammento di grembiule insanguinato, che si appurò appartenere alla vittima di Mitre Square, il che lasciava supporre che potesse essere stato scritto dall’assassino. Goulston Street, strada dove abitavano molte famiglie di immigrati ebrei, dista solo pochi km da Mitre Square ed è dunque verosimile che l’assassino possa essersi recato lì subito dopo il delitto, dopotutto il pezzo di grembiule della Eddows non vi si può essere materializzato da solo, per scrivere il messaggio. C’è un po’ di incertezza sul testo originario del graffito perché, in ragione del clima già molto ostile nei confronti della comunità ebraica, la polizia decise di cancellarlo subito senza premunirsi prima di documentarlo con certezza e quindi non è mai stato accertato se il termine esatto fosse juwes, juws o jewes. Inoltre non vi è neanche certezza su come doverlo decodificare: un atto d’accusa contro gli ebrei? Oppure una dura difesa degli ebrei accusati “per niente”? Alcuni autori hanno affermato che il graffito non c’entri niente con gli omicidi, obbiettivamente è impossibile stabilire se fu scritto prima o dopo l’omicidio di Mitre Square, o se fu scritto da ignoti sull’onda dell’antisemitismo dilagante a causa dei delitti (possibile anche se è quanto mai curioso che l’assassino abbia deciso di gettare il frammento di grembiule proprio in quel protone!), Alcuni arditi hanno tentato un volo pindarico nel teorizzare che il termine Juwes (o quello che era) non si riferiva aglio ebrei, ma ai tre assistenti di Hiram Abiff che, nella mitologia massonica, avrebbero assassinato il loro maestro per entrare in possesso dei segreti della costruzione del tempio di Salomone. In tal senso il messaggio andrebbe interpretato nel senso “Gli assassini di Hiram non sono uomini che saranno incolpati per niente” il tutto ovviamente all’interno di una qualche congiura massonica. Se però prendiamo il graffito come opera dell’assassino, e allo stesso tempo neghiamo invece la sua paternità rispetto ai messaggi, la domanda più che ovvia è: perché l’assassino sentì il bisogno di lasciare proprio quel messaggio? Torneremo in parte sul graffito di Goulston Street allorché traccerò il quadro del possibile legame tra Jack lo squartatore e la comunità ebraica di Londra in quel grande calderone di argomenti vari che sarà la sezione “Altri enigmi e spunti di riflessione”.
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