DI CARLO BONACCORSO
« Se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”»
Dante, Divina Commedia, Canto VIII Paradiso
Nel corso della sua millenaria storia, la Sicilia è sempre stata al centro dei desideri di conquista di popoli ed imperi che nell’isola vedevano un punto strategico fondamentale per il controllo del Mediterraneo; la ricchezza e lo splendore del territorio siciliano coinvolsero gli animi dei conquistatori che non faticarono ad assimilarsi ed a sentirsi siciliani. Ma non tutte le culture vi riuscirono; la tirannia, profondamente odiata dal popolo di Sicilia, venne da esso sempre combattuta ed un chiaro esempio di ciò fu la rivolta dei Vespri Siciliani.
GLI ANGIOINI AL POTERE
Dopo la sconfitta di Manfredi di Hoenstaufen a Benevento nel Febbraio del 1266, il Regno di Sicilia passò a Carlo d’Angiò. Tuttavia i francesi dovettero scontrarsi con una popolazione devota alla dinastia sveva e restia ad accettare il dominio angioino; per di più, viveva ancora Corradino, figlio di Corrado (fratellastro di Manfredi). Ma con la sconfitta dell’ultimo Hoenstaufen avvenuta nell’agosto del 1268, le ultime speranze crollarono e gli uomini di Carlo d’Angiò ne approfittarono per domare la ribellione nell’isola. Guglielmo l’Estandart si insediò come vicario per la Sicilia dando inizio ad un dominio che per più di 14 anni portò ai siciliani povertà, dolore e paura.
L’ESASPERAZIONE DEI SICILIANI: LA RIVOLTA DEL VESPRO
Carlo d’Angiò sovrano del Regno di Sicilia, non fu mai un amante della terra di Trinacria (vi si recò solo una volta, durante un viaggio per Tunisi), lasciando la gestione dell’isola ai suoi vicari che esercitavano il potere con violenza ed oppressione, riducendo la popolazione alla fame. Anche i baroni siciliani, offesi dalle continue espropriazioni, decisero di non sopportare più l’angioino tiranno. E così, il 30 Marzo del 1282 (Lunedì di Pasqua) a Palermo, davanti alla Chiesa dello Spirito Santo, il popolo si ribellò uccidendo i soldati francesi. Secondo le fonti dell’epoca, a scatenare la ribellione sarebbe stato un gesto poco rispettoso di una soldato angioino, tale Drouet, che con la scusa di perquisire, palpeggiò una donna. In poco tempo, tutta la città attirata dal suono delle campane, insorse al grido di “Morte ai francesi” e “ANTUDO” (Animus Tuus Dominus); l’uccisione di 4mila stranieri placò momentaneamente l’ira dei siciliani. Aldilà dell’episodio della donna, già da tempo nell’isola e particolarmente nella parte occidentale, ci si stava organizzando segretamente per la sollevazione. Nobili di estrema importanza come Giovanni da Procida, Palmiero Abate, Alaimo di Lentini e Ruggero Mastrangelo si incontravano segretamente per organizzare una rivolta che coinvolse successivamente TUTTO un popolo. Con la conquista della città, Mastrangelo insieme con Arrigo Baverio, Nicolò Ebdemonia e Nicoloso Ortoleva, creò il Libero Comune di Palermo che si confederò con quello di Corleone; questa unione venne suggellata simbolicamente con la creazione di un drappo giallo e rosso (colori dei due liberi comuni) e la Trinacria (da sempre simbolo dell’isola) al centro. Nel 1282, nacque dunque la bandiera siciliana. Nei giorni successivi, la ribellione dilagò in tutta la Sicilia e le città si organizzarono in altrettanti liberi comuni, eccetto Sperlinga che diventò l’unico avamposto nemico. L’intenzione delle città liberate era quella di organizzarsi secondo il modello comunale presente nelle realtà della Lombardia e della Toscana. Rimaneva però ancora una grande realtà fuori dall’insurrezione ovvero Messina. Qui il popolo insorse un mese dopo grazie a Bartolomeo Maniscalco. Da questo momento in poi, tutte le città della Sicilia erano libere. Nacque così la Communitas Siciliae ovvero una organizzazione federativa per l’applicazione di un libero stato di Sicilia, piena espressione di un sentimento nazionalistico da sempre presente nei siciliani.
LA DEBOLEZZA DELLA COMMUNITAS
Il sogno di una Sicilia indipendente, però, durò poco. La riorganizzazione dell’esercito angioino con il benestare della Chiesa, mise in risalto la debolezza militare della Communitas (che riuscì a respingere comunque gli attacchi francesi provenienti da Reggio) il quale decise di rivolgersi alla monarchia aragonese. Già da tempo Pietro III, sovrano d’Aragona e marito di Costanza (la figlia di Manfredi), rivendicava un legame con l’antica dinastia sveva e di conseguenza il diritto di mettere piede nell’isola. Il sovrano aragonese non era l’unico a seguire con attenzione gli avvenimenti siciliani: l’ Imperatore bizantino Michele Paleologo vedeva nell’insurrezione antifrancese, l’ultima carta da giocare contro la minaccia di Carlo d’Angiò. Pietro III, dunque, affrettò i tempi e sbarcò a Trapani il 30 Agosto del 1282, dando così inizio alla guerra: Aragonesi e i siciliani da una parte, francesi e Papa Martino IV dall’altra. La battaglia navale davanti al Golfo di Napoli del 1284, vide la sconfitta della flotta francese anche grazie al coraggio di uomini come Ruggero di Lauria che si dimostrano abili strateghi ed ottimi comandanti. In Sicilia si insediò così il figlio di Pietro, Giacomo che insieme con il padre cercò a tutti i costi un trattato di pace ma con scarsi risultati; nel 1291 Giacomo salirà al trono d’Aragona lasciando il governo della Sicilia al fratello Federico che la storia ricorderà come Federico III Re di Trinacria. Egli fu un sovrano amato dal popolo isolano, soprattutto dopo il successivo tradimento commesso dagli aragonesi: nel 1295, Giacomo firmò con Carlo II d’Angiò un trattato, detto Trattato di Anagni, in cui veniva riconsegnata la Sicilia ai francesi.
LA SICILIA CONTRO TUTTI
La reazione dei siciliani fu assoluta: Federico venne eletto Re di Sicilia dal Parlamento riunitosi a Catania (Castello Ursino) ; egli accettò ben volentieri e da quel momento l’isola si ritrovò da sola contro tutti, combattendo e resistendo sia contro gli angioini sia contro gli aragonesi. Si arrivò alla pace di Caltabellotta del 1302 che faceva della Sicilia un regno indipendente chiamato Regno di Trinacria, con Federico come sovrano; alla sua morte un clausola prevedeva la restituzione del territorio a Carlo II d’Angiò. Il Meridione d’Italia passava agli angioini. Federico però non rispettò la clausola di restituzione: dopo aver riorganizzato il proprio esercito, nominò suo figlio Pietro come successore. Questo significò la ripresa dei combattimenti che si conclusero nel 1372 con il Trattato di Avignone firmato tra Federico IV Re di Trinacria e Giovanna d’Angiò. Venne riconosciuto un re di Trinacria ma come vassallo della Regina Giovanna.
La vicenda dei Vespri Siciliani è una degli eventi maggiormente importanti all’interno della storia dell’isola. Il popolo dimostrò la sua potenza, sconvolgendo tutta l’Europa; il Parlamento siciliano ebbe un ruolo chiave non sottomettendosi mai completamente alla corone, ma soprattutto si creò un regno indipendente con un sovrano fedele al proprio popolo. Federico III verrà ricordato come il Re di Trinacria ed i Vespri Siciliani come una vera e propria rivoluzione per la libertà.
Giogio
31 Marzo 2020Viva la Sicilia