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Storia dei Fasci Siciliani dei Lavoratori – Il Fascio di Piana dei Greci

Di Carlo Bonaccorso

Con queste quarta pubblicazione, andremo a scoprire la nascita e l’evoluzione di uno dei fasci rurali meglio organizzati, probabilmente il più maturo, quello di Piana dei Greci. Nel voler riportare l’esempio più concreto di fascio sorto nelle campagne siciliane, ci si è voluto addentrare in una realtà storica che vedeva nei contadini la classe sfruttata per eccellenza.

I mezzadri e i braccianti siciliani erano colpiti sia dalle conseguenze di quell’assetto semifeudale mai completamente scomparso, sia dai mali derivanti dalle prime forme capitalistiche che in Sicilia andavano formandosi soprattutto nei rapporti angarici che proprietari terrieri e borghesia applicavano nei rapporti di lavoro. Come disse Renda il coinvolgimento della classe contadina fu la fase matura dei Fasci, il punto di forza del movimento.1

Piana dei Greci, oggi conosciuta come Piana degli Albanesi, è un piccolo paese in provincia di Palermo, situato a 700 metri d’altezza, fondato da una colonia greco-albanese arrivata in Sicilia insieme a tante altre tra il 1448 e il 1534, in fuga dall’avanzata ottomana; la lingua ancora oggi parlata a Piana, l’arbëreshe, nasce proprio dalla fusione dell’idioma albanese con quello siciliano. Nonostante Piana fosse a rito religioso greco-bizantino (con il clero organizzato all’interno dell’Eparchia), i “papàs” (equivalenti dei preti) furono un ceto vicino più ai proprietari che al popolo, allo stesso modo dei loro colleghi cattolici; necessita però qui una precisazione: se è vero che il clero, soprattutto quello rurale, si mostrò spesso indifferente verso le angherie perpetrate a danno dei contadini, vi furono in quegli anni in diverse realtà siciliane episodi in cui i preti si schierarono con i fascianti, sostenendone la lotta. Quest’aspetto (che vedremo meglio nella pubblicazione dedicata proprio alla Chiesa durante il periodo dei Fasci) è d’obbligo precisarlo in quanto, negli anni successivi allo scioglimento dei Fasci siciliani, la riorganizzazione dei contadini ebbe il sostegno dei cattolici che dopo aver recepito la Rerum Novarum di Leone XIII (1891), parallelamente ai socialisti, crearono cooperative di lavoro e consumo e introdussero le Casse Rurali. Ma a Piana dei Greci, negli anni compresi tra il 1891e il 1894, i contadini erano soli.

Alla fine del 1893 i Fasci nell’isola erano 175, 70000 gli iscritti di cui l’80% contadini; il coinvolgimento così largo della classe lavoratrice della terra fu dovuta oltre che ai contratti angarici sopracitati, anche e soprattutto per l’esplosione della crisi agraria che nel 1892 raggiunse il suo apice; crisi che portò al crollo delle produzioni maggiori dell’isola, grano e vino: nel 1891 la produzione per ettolitro del grano fu di 7.744.981 ma nel 1893 scese a 4.365.300; crollo dei prezzi da L. 19,48 per ettolitro nel 1891 a L. 18,91 nel 1893. Nel 1887, ultimo anno prima della chiusura del mercato francese a seguito della guerra doganale contro la Francia, il prezzo del vino per ettolitro era di 40-50 L.; crollo a 20 nel 1893. Anche l’industria zolfifera ebbe un significativo peggioramento nei prezzi: da L. 112,57 per tonnellata nel 1891 a L. 65 nel 18932. Le ripercussioni ricaddero quasi esclusivamente sui salari già magri dei lavoratori (che non superavano le 6-7 lire settimanali) che si ritrovarono così nella misera più totale. In un tale contesto, dove i dazi sul consumo, il focatico e la tassa sull’asino (che arrivava fino a L.8)3 aggravavano ancor di più le condizioni personali e familiari dei contadini, le idee socialiste e la voglia di organizzarsi trovarono quindi terrene fertile. Non bisogna inoltre dimenticare le ripercussioni che l’esperienza militare riportò in molti giovani siciliani; la leva obbligatoria svolta principalmente al Nord, li mise a contatto con nuove realtà e non furono pochi i casi di figli di contadini tornati in Sicilia con una nuova consapevolezza delle cose e un nuovo bagaglio di idee.

Piana dei Greci era uno di quei paesi dove il latifondo dava lavoro a tantissimi braccianti e mezzadri; la zona era caratterizzata anche da piccoli appezzamenti di terre coltivate a vigna.

Il Fascio venne fondato il 21 marzo del 1893 per opera del medico Nicola Barbato; la maggioranza degli aderenti erano braccianti e mezzadri, ma non mancavano i piccoli proprietari terrieri e gli artigiani. Secondo il Villari, la popolazione di Piana dei Greci (similmente ai paesi del circondario) era suddivisa in boiardi (galantuomini), borgesi (contadini agiati e gabelloti), villani (braccianti e mezzadri) ed infine gli jurnatari (i giornalieri); sei erano le famiglie che detenevano il possesso dei terreni per la produzione del grano, tenendo in mano di fatto il potere politico ed economico di tutta la zona, coadiuvati da quella borghesia terriera e municipale che fu sempre alleata della “sorella maggiore”.4 In poco tempo il Fascio si organizzò nominando, alla prima riunione, il 16 aprile, davanti a duemila partecipanti, la componente direttiva che oltre a Barbato era così composta: Andrea Soldano (murifabbro), Gioacchino Stassi (piccolo proprietario), Michelangelo Falzone (calzolaio), Vito Rumore (sensale), Giuseppe Guzzetta (trafficante), Saverio Riolo (macellaio), Francesco Mezzanares (calzolaio), Gaetano Bua (contadino), Giovanni Matranga (contadino), Vito Fusco (contadino), Antonino Filpi (contadino).5

All’interno della sede una scritta eloquente: Dhomat ë gjiindevet cë shërbejën ovvero L’Unione della gente che lavora. Se è vero che i lavoratori di Piana dei Greci furono tra i più attivi e tenaci, la loro organizzazione come già anticipato, fu opera di Nicola Barbato. Definito “il medico dei poveri” per la sua disponibilità nei confronti dei poveri (visitava senza mai farsi pagare), egli nacque nell’ottobre del 1856 da famiglia piccolo borghese; laureato in Medicina, si mostrò sempre sensibile ai problemi dei suoi compaesani; fu socialista positivista oltre che cristiano di fede evangelica; rifiutava l’opzione rivoluzionaria in quanto per lui la fratellanza, l’uguaglianza e l’educazione dovevano essere gli strumenti necessari per arrivare all’emancipazione della classe contadina.6 Durante le lotte agrarie del secondo dopoguerra, gli anziani solevano dire ai più giovani a democrazia na nsignò Barbatu.7 Dotato di buona oratoria, insieme con Bernardino Verro (Presidente del Fascio di Corleone) propagandarono il socialismo nel palermitano, contribuendo in larga parte alla nascita dei Fasci del circondario (Belmonte Mezzagno, San Cipirello, San Giuseppe Jato, Santa Cristina Gela); proprio durante uno dei discorsi a San Giuseppe Jato, il 12 maggio 1893, il Nostro venne arrestato per istigazione all’odio di classe e venne rilasciato un mese dopo, saltando la partecipazione ai Congressi di Palermo del 21 e 22 maggio; nonostante ciò, venne comunque nominato nel Comitato Centrale dei Fasci.

Sostenne inoltre la formazione del fascio femminile di Piana dei Greci, nell’aprile 1893. Una realtà, quest’ultima, fortemente osteggiata dal clero che accusava le donne di Piana di bassa moralità, gettando discredito su di loro e sul fascio; fu proprio per questo che in quell’anno 1893, esse boicottarono la partecipazione alla processione del Corpus Domini, provocando sgomento in paese. Essendo, in quegli anni, un evento fortemente sentito, nessuno immaginava potesse avvenire un fatto simile. Ciò dimostra la determinazione del fascio femminile di Piana, come raccontato da Adolfo Rossi nella sua inchiesta sui Fasci; nel domandare ad una contadina quali fossero le speranze riposte nei Fasci, essa rispose: Vogliamo che, come lavoriamo noi, lavorino tutti, e non vi siano più né ricchi né poveri, Che tutti abbiano del pane per sé e per i figli. Dobbiamo essere eguali. Io ho cinque bambini e una sola cameretta, dove siamo costretti a mangiare, a dormire, tutto, mentre tanti signori hanno dieci o dodici camere, dei palazzi interi. Vogliamo che le terre vengano messe in comune distribuendo con giustizia quello che rendono. 8

Alla riunione del 16 aprile venne inoltre deciso lo sciopero del 1° maggio, per la rivendicazione degli aumenti salariali; l’astensione dal lavoro ebbe pesanti ripercussioni sulle loro vite ma anche su quella dell’intera economica locale, nonostante ciò, il Fascio provvide a sostenere soprattutto i lavoratori più bisognosi, grazie a collette effettuate tra tutti i fascianti; un gesto di solidarietà di classe deciso e voluto senza dubbio alcuno da Barbato. Il Fascio ebbe inoltre un grande successo alle elezioni del 13 luglio 1893, eleggendo diversi consiglieri; il 31 dello stesso mese, a Corleone, vennero redatti i “patti di Corleone” nel quale vennero elaborate da parte dei componenti dei fasci rurali, le rivendicazioni da presentare ai proprietari terrieri, in particolare venne stabilita la mezzadria come unico contratto ed eliminato il terratico; il contadino per ogni salma di terra lavorata avrebbe dovuto ricevere 24 tumoli di grano invece di 20 (che dopo lo scioglimento dei Fasci, per ripicca, molti proprietari e gabellotti ridussero a 16).

Se è vero che i patti di Corleone vennero criticati, negli anni successivi, per non essere, “socialisticamente” parlando, “abbastanza maturi”, essi furono il primo vero documento rivendicativo delle classi lavoratrici organizzate in Sicilia. E indubbiamente, il Fascio di Piana dei Greci ebbe un ruolo fondamentale nella riuscita del congresso contadino.

Esplosero così gli scioperi in diverse zone della Sicilia rurale, scioperi per la rivendicazione dell’applicazione dei patti; a Piana, nei mesi di novembre e dicembre 1893, ve ne furono di numerosi, applicati secondo la ormai consolidata strategia dell’astensione dal lavoro e delle manifestazioni e costringendo così la controparte a trattare. Se a Piana dei Greci il tutto avvenne sempre senza episodi di violenza grazie al lavoro attento del comitato direttivo, in altre zone della Sicilia scoppiarono tumulti che portarono alla morte di numerose persone; tra la fine del 1893 e l’inizio del 1894 vi furono 92 morti tra i contadini e 1 tra i militari. Lercara, Pietraperzia, Gibellina, Belmonte Mezzagno, Marineo, Santa Caterina Villarmosa, furono teatri di stragi perpetrate dalle forze dell’ordine e dai campieri; lo scoppio di questi tumulti, nonostante gli innumerevoli richiami alla calma da parte del Comitato Centrale dei Fasci, fu legato alla richiesta d’abolizione del dazio di consumo sulle farine; la gente, aizzata probabilmente da politici locali interessati a rovesciare l’amministrazione in carica, (come a Lercara dove da tempo i dirigenti fascianti aveva disconosciuto il Fascio locale), distrusse i casotti daziari e gli uffici amministrativi. Forti proteste anche nella Sicilia sud-orientale, nello specifico a Modica, Chiaramonte, Scicli e Francofonte, dove al grido “pane e lavoro” le masse divenute ingestibili si riunivano minacciose davanti ai municipi.9

La repressione dei Fasci attuata il 3 gennaio 1894 da parte del governo Crispi mise fine anche al fascio di Piana dei Greci ma non alle lotte di rivendicazione; l’arresto di Barbato (condannato a 12 di reclusione ma liberato nel 1896 grazie all’amnistia concessa dal governo Di Rudinì) e di tutto il Comitato Centrale dei Fasci non fermò le lotte sindacali che pochi anni dopo ripresero con intensità. La creazione di una cooperativa agricola a Piana dei Greci (che resistette per anni) permise la presa in affitto di terre coltivate in comune, arrivando a contare 2000 famiglie e 750 membri.

Dopo la morte di Barbato avvenuta nel maggio del 1923, i contadini vollero ricordarlo dedicandogli una pietra commemorativa a Portella della Ginestra, “il sasso di Barbato”, meta negli anni successivi di incontri tra lavoratori per omaggiarne la memoria; quello stesso luogo il 1° maggio 1947 fu teatro di una terribile strage passata alla storia come “la strage di Portella della Ginestra”.

Note:

1 Francesco Renda, I Fasci siciliani 1892-94, Piccola Biblioteca Einaudi, 1977, Torino

2 Napoleone Colajanni, Gli avvenimenti in Sicilia e le loro cause, Perino editore, 1894

3 Sidney Sonnino – Leopoldo Franchetti, La Sicilia nel 1876, Stabilimento Tipografico Lao, 1877

4 Pasquale Villari, Le lettere meridionali ed altri scritti sulla questione sociale in Italia, Napoli, 1979 (1885).

5 Elisabetta Burba, Da arbëreshë a italo-americani, Quaderni di Biblos, 2013, Palermo

6 https://www.restorica.it/moderna/i-fasci-siciliani-i-protagonisti-parte-i/

7 Elisabetta Burba, Da arbëreshë a italo-americani, Quaderni di Biblos, 2013, Palermo

8 Adolfo Rossi, L’agitazione in Sicilia. Inchiesta sui Fasci dei lavoratori, Max Kantorowicz, Milano, 1894

9 Giuseppe Miccichè, I Fasci dei lavoratori della Sicilia sud-orientale, Zuleima Edizioni, Ragusa-Catania, 1981

1 Response
  • GIUSEPPE
    1 Maggio 2021

    La nostra Sicilia. Terra martoriata, che ha avuto tanti eroi, noti e meno noti. I protagonisti dei fasci siciliani, alla fine del diciannovesimo secolo, quando ancora il solo parlare di diritti era un’eresia, sono stati gli antedesignani della grande movimentazione popolare del secondo dopoguerra, sfociata poi nella grande riforma agraria che assegnò le terre ai contadini. Io penso che quella lontana pagina di lotte contadine di 130 anni fa, sia stata una grande pagina eroica siciliana, e le persone morte perché si batterono contro sorprusi e sopraffazioni, dei martiri a pari merit di tutti quelli che sono morti per difendere i propri diritti.

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